Le prime carte scoperte da Arcelor Mittal rischiano di complicare ulteriormente la trattativa Ilva. Il tavolo di ieri mattina ha discusso degli inquadramenti contrattuali e le parole del gruppo indiano hanno aggravato una situazione già difficile. I manager che dovranno guidare la nuova Ilva non si discostano di un millimetro dal contratto sottoscritto con il governo. Vogliono riassumere solo 10mila dei 14mila attuali lavoratori del gruppo. All’interno dei riassunti – la discontinuità è richiesta dalla commissione europea – però ci sarebbe un’ulteriore divisione: solo 8500 sarebbero riassunti, altri circa 1500 sarebbero invece esternalizzati tornando in carico alla amministrazione straordinaria attuale (che avrebbe poi in carico anche le bonifiche).
Quanto alle condizioni contrattuali tutta la contrattazione aziendale in vigore – rimasta ferma dal 2010 – sarebbe congelata almeno fino al 2023. Si tratta di 14esima, premi variabili e fissi per un valore annuale di circa 6mila euro.
Per tutte queste ragioni i sindacati di Taranto sono giù sul piede di guerra. «Per il sindacato non solo non devono esserci licenziamenti, ma deve anche essere garantita la continuità economica, sui diritti legge e di contratto – scrivono in una nota unitaria Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto – Se non dovessero esserci delle modifiche importanti sulle rivendicazioni sindacali, continueranno a venir meno le condizioni per proseguire la trattativa».
Sulla stessa linea la Fiom nazionale che con Rosario Rappa ha ribadito di partecipare alla prossima riunione fissata per venerdì solo per «rispetto istituzionale».
Difficilmente Mittal scenderà a compromessi in soli due giorni, quando si presenterà al tavolo con una proposta scritta proprio sull’inquadramento contrattuale che rischia di far arrabbiare ulteriormente i lavoratori dei vari siti. Per questo diventa decisiva la posizione del governo che finora ha fatto il mero osservatore al tavolo sostenendo che fosse il solo sindacato a dover far cambiare le posizioni dell’azienda. Domani la viceministro Teresa Bellanova sarà costretta a prendere posizione. Diversamente concluderà la sua esperienza al ministero con l’ennesima crisi non risolta.