La fermata di tutti gli stabilimenti di Riva Acciaio non è stata «una scelta aziendale» ma «un atto dovuto» in esecuzione del provvedimento del giudice per le indagini preliminari. Il gruppo Riva, all’indomani del nuovo tsunami scatenato a seguito dell’ultima azione della magistratura tarantina, prova a spiegare il perché delle sue azioni. Ma intanto i lavoratori annunciano battaglia: lunedì una grande mobilitazione che coinvolgerà tutti gli stabilimenti. I sindacati sono determinati a ottenere risposte, se possibile attraverso un intervento del governo, che chiami la proprietà alle sue responsabilità.

Il sequestro, si legge in una nota del gruppo, «ha sottratto alla proprietà la libera disponibilità degli impianti e dei saldi attivi di conto corrente». Il che non corrisponde propriamente a verità (come spieghiamo qui sotto). «In ottemperanza a tale provvedimento – conclude la nota – l’azienda ha proceduto alla messa in sicurezza degli impianti e consapevole dell’impatto sociale provocato dalla disposizione impostale, ribadisce il massimo impegno a collaborare con tutte le istituzioni per ricercare le migliori soluzioni a salvaguardia dei propri lavoratori e del patrimonio aziendale».

Dunque, il gruppo Riva ha agito con consapevolezza, pur sapendo sin dallo scorso mese di maggio che la magistratura tarantina avrebbe continuato a stringere il cerchio intorno al tesoro messo da parte dalla società negli ultimi 20 anni. Ed è proprio in questa consapevolezza che si ravvisano i termini di una vera e propria rappresaglia sociale, che per un gruppo da sempre a conduzione unicamente familiare, non può che avere un’unica vittima: i lavoratori.

Un disegno che anche i sindacati non possono più far finta di ignorare. «La decisione di fermare la produzione e mettere in libertà i lavoratori di tutti gli stabilimenti del gruppo Riva Acciai, all’indomani del provvedimento di confisca dei beni riferiti alla famiglia Riva e alle società da essa controllate, è inaccettabile e appare come il tentativo di utilizzare i lavoratori, che non hanno nessuna responsabilità, nel braccio di ferro contro la magistratura». Questo affermano in una nota congiunta le segreterie nazionali dei sindacati metalmeccanici Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm Uil, chiedendo al governo «un intervento urgente e deciso» e chiamando la Riva Acciai «alle sue responsabilità e assumendo tutte le decisioni più opportune ai fini di garantire la continuità produttiva».
«È necessario – proseguono i sindacati – che gli impianti vengano riavviati al più presto per impedire che un lungo stand-by produttivo degli stabilimenti faccia perdere ordinativi e clienti in un momento in cui molti Paesi concorrenti non aspettano altro».

Il governo, chiamato nuovamente a rincorrere una soluzione per una vicenda che si trascina oramai da oltre un anno, ha provveduto tramite il ministro della Sviluppo economico Flavio Zanonato, a tranquillizzare i sindacati, annunciando che per tutti i lavoratori «sarà assicurata la cassa integrazione». E dopo i primi contatti telefonici, lunedì lo stesso Zanonato incontrerà Bruno Ferrante in qualità di rappresentante della Riva Forni Elettrici, e non come erroneamente credono in molti in qualità di presidente dell’Ilva Spa, visto che non solo lo stesso ha presentato le dimissioni dall’incarico lo scorso maggio, ma che a fronte del commissariamento del siderurgico il Cda della società è stato azzerato e il rappresentate legale di Riva Fire e del consiglio di amministrazione è il commercialista tarantino Mario Tagarelli.

Sempre lunedì, con presidi che partiranno dalle 9.30, i lavoratori di tutti gli stabilimenti interessati, si mobiliteranno «in difesa del proprio posto di lavoro e contro l’inaccettabile ricatto che è stato messo in atto», annunciano i sindacati.

E a proposito di mobilitazione, ieri pomeriggio Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, si è presentato ai cancelli della Riva Acciaio di Lesegno dove è in corso il presidio dei 256 lavoratori che lo hanno accolto con una vera e propria ovazione. «La cassa non può che essere una soluzione temporanea – ha dichiarato Landini – Questo è un sito che produce e che ha lavoro: non si può tenerlo fermo».

Il sindacalista ha chiesto al governo la convocazione di un tavolo nazionale: «Non so con quale strumento, magari con un decreto come fatto per l’Ilva, ma bisogna nominare un commissario. La Fiom chiede questa soluzione per tutto il gruppo da oltre un anno». Il pericolo, secondo Landini, è il possibile collasso del settore siderurgico italiano: «Non produrre vuol dire che i clienti di questa acciaieria, come nel resto d’Italia, cercheranno nuovi fornitori». Proposta sulla quale Zanonato si è mostrato perplesso: «Si tratta di un’ipotesi che non sono in grado di prendere in considerazione in questo momento». Anche Susanna Camusso, segretaria Cgil, chiede «l’intervento del governo per una soluzione».