Una trattativa «finta» tra ArcelorMittal e il governo Gentiloni ha «ingabbiato» i sindacati al rispetto di un contratto riservato firmato dalla multinazionale ArcelorMittal in partnership con il gruppo Marcegaglia e sostenuta da Intesa Sanpaolo con l’esecutivo. è la denuncia dei sindacati a seguito dello «scoop» del Secolo XIX che ha rivelato i termini dell’accordo contenuto in un fascicolo tenuto segreto ai sindacati e composto da 92 pagine, 35 articoli, 110 definizioni e 44 allegati che prevedono, tra l’altro, l’assunzione di diecimila persone (sulle 14 mila attuali del gruppo), ma solo per la durata del piano industriale.

GLI OCCUPATI scenderanno in seguito a 8.500, ma non potranno fare affidamento su alcuna continuità con i rapporti di lavoro con la vecchia Ilva. In pratica partiranno da un livello diverso, e presumibilmente inferiore rispetto all’inquadramento attuale. Nell’accordo è anche stabilito che la nuova azienda non potrà licenziare, ma potrà favorire l’esodo e avvalersi degli ammortizzatori sociali messi a disposizione dalo Stato. La violazione di questi accordi costerebbe 150 mila euro per dipendente licenziato. Il prezzo totale della vendita è stato inoltre fissato a 1,8 miliardi di euro.

LA «FINZIONE» della trattativa nella quale sarebbero stati ingabbiati per mesi i sindacati consiste in questo: «Il governo ha già contrattato tutto con Mittal, penali comprese – sostiene il segretario genovese della Fiom Bruno Manganaro – è vergognoso che con la scusa della riservatezza il governo abbia tenuto nascosto tutto questo a noi e agli enti locali. Ora però emerge con certezza quel che già sapevamo». Questo significa «meno persone in fabbrica e a condizioni di salario peggiori con il rischio che i lavoratori che resterebbero fuori non finiscano solo nella scatola nera della società in amministrazione controllata, ma anche in ditte di appalto senza prospettive e chissà a quali condizioni». È stata questa la causa che ha spinto di recente i sindacati ad abbandonare il tavolo al Mise. E ora, tanto a Genova, quanto a Taranto, si annunciano azioni forti di opposizione.

DA MERCOLEDÌ 9 MAGGIO partiranno una serie di assemblee in fabbrica per decidere le forme di mobilitazione contro l’annuncio degli esuberi da parte di ArcelrorMittal ed è sempre più probabile il ricorso a uno sciopero generale dei lavoratori del gruppo Ilva. Dal Consiglio di fabbrica delle Rsu all’Ilva, convocato dai sindacati nel Palazzo di città a Taranto, ieri è emerso un fronte comune tra istituzioni locali e lavoratori. «Nessun mercanteggiamento, dobbiamo salvare tutti i 14 mila posti, tra diretti Ilva e indotto» sostiene Franco Rizzo, segretario Usb Taranto. «Siamo disposti solo ad esaminare un piano di ammortizzatori sociali che permetta di gestire le conseguenze occupazionali del passaggio di Ilva» ha aggiunto Antonio Talò (Uilm). I sindacati chiedono la salvaguardia ambientale, occupazionale e salariale per i lavoratori diretti e del sistema di appalti e indotto.

UN TAVOLO con Am InvestCo e Confindustria, convocato dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano è stato annullato a causa del contemporaneo Consiglio di fabbrica a Taranto. I segretari nazionali di Fim, Fiom e Uil, nei giorni scorsi avevano precisato, vista la «proliferazione dei tavoli», che «le trattative vanno portate avanti solo in sede ministeriale». Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci del Pd, ha annunciato il ritiro del ricorso al Tar contro il Dpcm sul piano ambientale. I sindacati invece hanno respinto il suo invito a pensare a «un piano B» all’Ilva.

AL CONSIGLIO DI FABBRICA ieri erano assenti i parlamentari del Movimento Cinque Stelle che hanno tenuto una conferenza stampa a parte nella sede del Meetup cittadino, e Michele Emiliano. Una scelta che ha generato nuove polemiche. I pentastellati attaccano: «La vertenza Ilva assume sempre piu i contorni di un braccio di ferro giocato sulle spalle di cittadini e lavoratori. Il 2 maggio abbiamo ricevuto un invito da parte dei sindacati. Emiliano ha annunciato un incontro analogo con gli stessi attori a Bari. Poche ore dopo abbiamo appreso dai sindacati che le trattative del gruppo Ilva sono materia di discussione ministeriale». Le proposte del movimento sono: un accordo di programma che preveda la graduale chiusura delle fonti inquinanti, la bonifica con l’impiego delle maestranze in forza allo stabilimento e una riconversione economica del territorio. Sulla realizzabilità di queste, e di altre proposte, il dibattito è senza fine, anche alla luce degli elementi emersi dal contratto tra ArcelorMittal e governo. L’impressione è che ciascuno giochi una partita per sé e che, in questo labirinto, le vie d’uscita siano poche e non del tutto chiare.