Giornata densa di avvenimenti, ieri, per la vertenza Ilva, e finalmente dopo la mobilitazione degli operai di Cornigliano il governo ha accettato di inviare un suo rappresentante all’incontro del 4 febbraio a Roma: non sarà però un ministro, ma la sottosegretaria allo Sviluppo Simona Vicari. Fin dal mattino presto le tute blu si sono mosse in corteo dalla fabbrica occupata verso la prefettura di Genova, accompagnate dai metalmeccanici di tutta la provincia, da Ansaldo a Fincantieri, anche loro in sciopero. Si sono registrati episodi di tensione con la polizia, ma senza veri e propri scontri. Nel frattempo, nella capitale, il Senato ha dato il via libera al decreto che dispone la messa in vendita (e in affitto) del siderurgico.

Gli operai, tutti in corteo dietro lo striscione Pacta sunt servanda («I patti si devono rispettare», riferito all’Accordo di programma del 2005) hanno scelto di sfilare accompagnati dalle grandi macchine meccaniche che avevano schierato già nei giorni scorsi: arrivati a lungomare Canepa, però, hanno visto il blocco della polizia, con transenne e scudi antisommossa. Le forze dell’ordine non intendevano far proseguire i mezzi pesanti, ritenendoli pericolosi: i lavoratori, dal canto loro, hanno cercato di spiegare che quelle macchine hanno soltanto un valore simbolico.

Il corteo ha deciso di proseguire e per alcuni minuti gli operai sono rimasti a mani alzate davanti alla polizia: i caschetti Ilva, gialli o blu, da un lato, e i caschi e le maschere antigas degli agenti dall’altro. Urla e cori contro il governo, due fumogeni colorati, ma poi la tensione si è stemperata, i manifestanti hanno indietreggiato, i poliziotti hanno tolto le maschere antigas e abbassato gli scudi.

La vicequestore aggiunta Maria Teresa Canessa si è avvicinata agli operai e ha stretto la mano a uno di loro. Sui social la foto ha avuto grande fortuna: «Togliermi il casco è stato un gesto istintivo – ha raccontato ai giornalisti la vicequestore – Dopo lunghe ore di tensione con i manifestati, disagio, fatica, c’è stata una pausa, un momento di distensione: è stato a quel punto che mi è venuto spontaneo sfilarmi il casco e avvicinarmi per parlare a quattrocchi con questi lavoratori messi a dura prova».

Il corteo ha proseguito il suo cammino verso la Prefettura, e una delegazione di operai – guidata dai sindacalisti della Fiom e della Cgil – è stata ricevuta: lì è stata consegnata la lettera della convocazione per il 4 febbraio, con l’annuncio della presenza della sottosegretaria Vicari. Scesa in strada, la delegazione è stata accolta da un applauso liberatorio dei manifestanti.

Quanto al decreto, è passato con 157 i voti favorevoli, 95 contrari, e 3 astenuti. Il termine entro cui i commissari straordinari che attualmente gestiscono l’Ilva devono completare le procedure per il trasferimento (in vendita o in affitto del complesso industriale) è stato fissato al 30 giugno 2016. Entro il 10 febbraio dovranno pervenire le manifestazioni di interesse da parte delle imprese o cordate che vorranno farsi avanti per concorrere.

La legge approvata ieri ha anche stanziato 300 milioni, a disposizione dei commissari per portare avanti la gestione in questi mesi, che l’azienda dovrà poi restituire allo Stato. Allo stesso modo, sono stati messi a disposizione 800 milioni (600 per quest’anno e 200 per il 2017) da dedicare esclusivamente alle bonifiche: è la cifra autorizzata due giorni fa dalla Ue, perché non ritenuta «aiuto di Stato».

Il termine per mettere in opera le bonifiche ambientali e i piani salute per la popolazione e il territorio tarantino è fissato al giugno 2017. La legge ha anche stabilito che i beni provenienti da confisca dovranno essere indirizzati a ripagare gli 800 milioni stanziati dallo Stato: come è noto, il patrimonio “conteso” alla famiglia Riva, e custodito in Svizzera ma già richiamato in Italia da parte degli inquirenti, ammonta a1,2 miliardi di euro. La parte eccedente gli 800 milioni potrà andare nelle casse dell’amministrazione straordinaria.

Il 4 febbraio, dunque, si apre per i lavoratori la sfida più difficile: convincere il governo a cedere l’Ilva solo a fronte di una proposta industriale finanziariamente credibile, che possa salvare – come ha chiesto la Fiom, e lo stesso Maurizio Landini ieri sulle pagine del manifesto – sia l’integrità del gruppo che gli attuali livelli occupazionali. Si parla della maggiore realtà siderurgica europea, 40 mila addetti tra diretti e indotto: non a caso, Landini ha chiesto l’intervento pubblico, attraverso la Cassa depositi e prestiti e un pool di banche.