Doveva essere una giornata campale per Ilva e lo è stata. Ma tutt’altro che chiarificatrice. Niente parere dal ministero dell’Ambiente (dovrebbe arrivare oggi), niente parola definitiva sul possibile annullamento del bando e dunque della vendita a Mittal. Nessuna parola da Di Maio, nessun video su Facebook. E addirittura voci – smentite dal Mise – di un nuovo decreto che il 6 settembre allungherebbe ulteriormente i termini del commissariamento, ora fissati al 15 settembre quando il colosso indiano – contratto firmato con Calenda alla mano – potrà entrare negli stabilimenti Ilva da padrone anche senza accordo con i sindacati.

IN QUESTA INFINITA VERTENZA che va avanti da ben 6 anni come al solito le sorprese sono all’ordine del giorno. Mentre Taranto rischia di scoppiare tanto che perfino il vescovo Filippo Santoro parla di «situazione drammatica» in città.

La prima sorpresa della giornata si era avuta alle 14 quando Fim, Fiom, Uilm e Usb decidevano di rompere gli indugi e indire uno sciopero – sarebbe un inedito assoluto l’allargamento del fronte confederale all’Usb – non avendo ricevuto risposta all’ultimatum inviato lunedì. La data fissata sapientemente all’11 settembre lascia però la possibilità di revocarlo in caso di chiarimento della vicenda «annullamento».

TUTTI I SINDACATI SI RITROVANO comunque nella pressante richiesta a Di Maio di prendere decisioni e dare certezza sulla gara e dunque sull’interlocutore con cui trattare.

A STRETTO GIRO PERÒ – DUE ORE – arrivava la convocazione tanto attesa per mercoledì 5 – data contestata dal leader Fim Marco Bentivogli per precedenti impegni – tra soli quattro giorni dunque. Anch’essa conteneva sorprese: Di Maio infatti ha deciso che per la prima volta al tavolo parteciperanno anche i commissari straordinari dell’Ilva – invisi ai parlamentari M5s di Taranto che da tempo ne chiedono la rimozione – e i sindacati dei lavoratori chimici e dei trasporti coinvolto per l’indotto, insieme a Federmanager.

LA CONVOCAZIONE PER MITTAL appare però il segno che il bando di gara vinto dalla cordata guidata dal colosso franco-indiano non è «annullabile», sebbene abbia «molti profili di illegittimità».

Arrivare ad un accordo entro il 15 settembre al momento appare molto difficile, «se non impossibile», sottolinea Sergio Bellavita, segretario generale Usb metalmeccanici. Se le distanze sul piano ambientale – anche grazie alle pressioni del ministro Sergio Costa di questi giorni con l’incontro di giovedì con i rappresentanti di Mittal – sembrano avvicinarsi con l’impegno che ogni aumento della produzione oltre gli attuali 6 milioni di tonnellate annue non produrrà aumento delle emissioni nocive e sull’accorciamento dei tempi intermedi della copertura dei parchi; sul piano occupazionale le distanze rimangono rilevanti.

LA QUOTA DI ASSUNZIONI dirette da parte di Mittal non supererebbe quota 10.500, lasciando oltre 3mila esuberi tra Taranto, Genova e gli altri stabilimenti. Se il piano Calenda riduceva la quota a 2.500 con un fantasioso accrocco di Invitalia, la via per arrivare a «zero esuberi» – le colonne d’Ercole dei sindacati per firmare un accordo – ora sembra essere quella dei prepensionamenti. Ma il «delitto perfetto» denunciato da Di Maio per ora sembra aver ucciso per prima la fiducia nei suoi confronti dei tarantini.