Quando sembrava che la matassa Ilva potesse finalmente districarsi è arrivata la doccia fredda che rimette tutto in discussione con una scadenza molto ravvicinata: il 9 gennaio – giorno dell’inizio della discussione al Tar – potrebbe partire lo spegnimento dell’acciaieria di Taranto. Lo scontro è quello che va avanti da qualche mese fra il ministro Carlo Calenda e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. E questa volta tutti gli attori in gioco imputano ad Emiliano il rischio di una rottura che metterebbe a rischio oltre alla vendita a Mittal, l’esistenza di Ilva e 20mila posti di lavoro tra diretti e indotto.
Sembrava già un miracolo ieri mattina essere riusciti a mettere allo stesso tavolo uno di fronte all’altro i due contendenti. Il tavolo su Taranto chiesto a gran voce da Emiliano era diventato realtà dopo una lunga mediazione. Il ministro Calenda aveva contattato prima il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci – che assieme a Emiliano ha presentato il ricorso al Tar contro il decreto del governo sul piano ambientale per Ilva.
Il Mise aveva preparato l’incontro con molta attenzione. Una serie di slide spiegava punto per punto le aperture del governo alle richieste del duo di amministratori pugliesi: l’accelerazione della copertura dei parchi minerari – una delle ragioni principali dell’inquinamento all’adiacente quartiere Tamburi – e l’inserimento nel piano della «Valutazione del danno ambientale» prodotta dall’Arpa che a fine di ogni anno sarà considerata dal governo. Il clima era buono anche fra i sindacati e tutti parlavano di incontro «costruttivo».
Alla fine della lunga spiegazione Calenda chiedeva dunque a Melucci ed Emiliano se con le concessioni fatte erano disposti a ritirare il ricorso al Tar. Se il sindaco di Taranto dava una risposta sostanzialmente positiva, Emiliano invece annunciava il solo ritiro della «sospensiva»: l’istanza cautelare al Tar che chiede di fermare l’attuazione del piano ambientale prima di pronunciarsi sul merito.
A quel punto Calenda ha perso le staffe ed ha annunciato lo stop al confronto motivandolo con il parere dell’avvocatura dello Stato che sostiene come in caso di «sospensiva» gli amministratori straordinari di Ilva siano tenuti ad iniziare la procedura di spegnimento perché non possono produrre senza una Autorizzazione integrata ambientale in vigore», anche se tornerebbe in vigore quella del 2012.
Il conflitto Calenda-Emiliano diventa ancora più personale quando il presidente della Regione Puglia addebita ad «una crisi isterica» l’atteggiamento di Calenda al tavolo, sostenendo che i nervi sono saltati dopo uno scambio di sms con il ministro Claudio De Vincenti. Calenda replica: «Dichiarazioni scomposte» di chi aveva già deciso di non raggiungere l’accordo. E l’sms arrivato durante la riunione non era del collega di governo ma proprio di Emiliano (in realtà pare che fosse stato inoltrato a Calenda dallo stesso De Vincenti) intimando ulteriori concessioni: «ridiscutere l’intera Aia al ministero dell’Ambiente con Regione e Comune».
L’impressione di tutti gli attori in gioco è che Emiliano stia alzando la posta giocando sul tavolo Ilva la sua partita in vista delle elezioni: il suo ruolo in Puglia è decisivo per il Pd – e per questo si spiega il silenzio imbarazzato dei vertici del partito – e i 4 o 5 seggi sicuri promessi alla sua corrente non bastano a lui che ne vorrebbe almeno 10 e arriva a considerare perfino una sua candidatura diretta.
Lo scontro rischia di far passare in secondo piano la questione dei posti di lavoro. Per questo i sindacati chiedono ad Emiliano un passo indietro. «La Cgil e la Fiom Cgil ritengono necessario che Regione Puglia e Comune di Taranto ritirino il ricorso al Tar. Le proposte del governo hanno assunto buona parte delle osservazioni delle istituzioni locali e dei sindacati per migliorare il piano. Ci sono le condizioni per avviare tutti i tavoli previsti», dichiarano Maurizio Landini e Francesca Re David. «Quello di Emiliano è un estremismo senile», accusa Marco Bentivogli della Fim Cisl. «Ci sono 20mila posti a rischio», sottolinea Rocco Palombella della Uilm.
In realtà il confronto dovrebbe andare avanti. Domani è previsto il nuovo tavolo plenario con Mittal, l’8 o il 9 gennaio quello su Genova. Ma se Emiliano non cambierà – nuovamente – idea, rischiano di essere inutili.