«Contrariamente alle previsioni, rendere il mercato del lavoro più flessibile non rende più semplice il passaggio da un posto di lavoro in nero o precario a uno a tempo indeterminato». Lo scrive l’Ilo (International Labour Organization, organismo dell’Onu) nel suo rapporto «World of Work 2014».

Lo studio si concentra soprattutto sulle economie emergenti, dove ben 839 milioni di lavoratori vivono con meno di due dollari al giorno. L’incidenza del fenomeno in queste aree, aggiunge l’Ilo, si è però drasticamente ridotta nel corso degli ultimi anni: la quota di poveri rispetto alla forza lavoro totale è infatti scesa a circa un terzo dai primi anni 2000, quando superava la metà del totale.

Il rapporto sottolinea poi «l’accresciuta consapevolezza del ruolo del salario minimo nella lotta alla povertà». Un impatto positivo sui redditi arriva anche dalla contrattazione collettiva, il cui utilizzo, però, «è in declino, una tendenza evidente anche nelle economie industrializzate». E in effetti che i contratti fossero in crisi anche da noi, ce ne eravamo in qualche modo accorti.

La disoccupazione mondiale ha sfiorato quota 200 milioni nel 2013 (199,8 milioni) e dovrebbe aumentare di 3,2 milioni nel 2014; nel 2019 è previsto che si toccheranno i 213 milioni. A livello mondiale la quota delle persone senza un lavoro dovrebbe mantenersi al livello attuale del 6% fino al 2017.