L’approvazione del Bali Package all’ultima ministeriale Wto del dicembre scorso è un segno di qualcosa che sta cambiando, e velocemente, nella governance mondiale. Il primo accordo portato a casa dall’Omc dal giorno della sua costituzione, di fatto il primo risultato concreto dalla chiusura dell’Uruguay Round, ridisegna gli scenari futuri a cominciare dal ruolo del Wto.

L’esplosione di accordi di libero scambio (Ftas) bilaterali e regionali negli ultimi anni – basti pensare che l’Unione europea ha siglato accordi con più di 50 Paesi – mostrava un quadro di progressivo disimpegno dai faticosi tavoli negoziali dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il punto più basso, il fallimento della ministeriale del luglio del 2008, segnava il declino del Doha Round e l’inizio della fine della credibilità di Pascal Lamy come direttore generale e facilitatore del negoziato. «L’incontro è fallito», dichiarò alla stampa Lamy alla fine di nove giorni senza un risultato, «semplicemente perché i membri non sono stati in grado di avvicinare le loro posizioni differenti». Di tenore diverso quell’«abbiamo riportato il mondo all’interno del Wto» che Roberto Azevedo, il neodirettore dell’Omc, dichiarò dopo una nottata al calor bianco e una conclusione non scontata alla ministeriale indonesiana. Roberto Carvalho de Azevedo è un diplomatico brasiliano, già Permanent Representative del suo Paese al Wto, così come presso la World Intellectual Property Organisation (Wipo) e la United Nations Conference for Trade and Development (Unctad). Il primo settembre scorso è diventato direttore dell’Organizzazione mondiale del commercio, un ruolo nel quale potrà spendere tutta la credibilità di diplomatico navigato di un Paese emergente.

A fianco del Brasile, in questo nuovo scenario, c’è l’India e la sua capacità di imporre temi all’agenda globale su argomenti come l’intervento pubblico in agricoltura, da anni al centro dello stallo del Doha Round. Il Food Security Act indiano, e la possibilità di sussidiare attivamente produzioni agricole per sostenere centinaia di milioni di persone alla fame, è protetto da qualsiasi deferimento al Dispute Settlement Body.

Altro vincitore della partita indonesiana sono gli Stati uniti. Che portano a casa la Trade Facilitation a tutto vantaggio di realtà come FedEx e Ups e di una maggiore presenza nei mercati esteri da parte delle imprese esportatrici. Gli Usa evitano la definitiva cancellazione degli export subsidies, nonostante l’accordo di Hong Kong del 2005. E trovano centralità sullo scenario internazionale con i tre accordi di libero scambio in cui l’Amministrazione Obama è attore protagonista: la Transpacific Partnership, con 12 Paesi membri che assommano al 40% di tutto il Pil globale; la Transatlantic Trade and Investiment Partnership, con 28 Paesi e il 50% del Pil globale; il Plurilateral Services Agreement, con 49 Paesi che partecipano e più dell’80% del Pil globale.