Un momento particolare per lo Stato sociale in Italia strattonato fra sedicente Reddito di cittadinanza e Quota 100 da una parte e welfare contrattuale e sue conseguenze dall’altra.

E COSÌ LA PRESENTAZIONE dell’annuale Rapporto sulla materia all’aula magna della facoltà di economia della Sapienza riunisce personaggi del calibro del presidente della camera Roberto Fico e l’appena nominato presidente dell’Inps Pasquale Tridico mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella manda un caloroso messaggio in cui sottolinea come «lo stato sociale viene, in questi anni, sottoposto a continue tensioni, ed è necessario evitare che tutti i profondi cambiamenti che hanno investito la nostra struttura sociale ed economica si trasformino in esclusione ed emarginazione».

Di Maio dà forfait per i noti problemi, ma il dibattito sulle quasi 500 pagine di Rapporto curato come al solito da Felice Roberto Pizzuti, professore ordinario e direttore del master in Economia pubblica, e quest’anno incentrato sul tema «welfare pubblico e welfare occupazionale». E d è proprio illustrando i numeri – e le conseguenze – del sempre più esteso welfare contrattuale che Pizzuti dispiega le novità più interessanti del volume. «Lo scambio delle prestazioni del welfare occupazionale col salario monetario, mentre alle imprese (oltre a fidelizzare i dipendenti) frutta sgravi fiscali e contributivi che circa dimezzano il costo delle prestazioni, per i lavoratori implica una corrispondente riduzione della pensione pubblica e del trattamento di fine rapporto». L’utilizzo di aumenti contrattuali pagati tramite fondi defiscalizzati che i dipendenti utilizzano soprattutto per la sanità privata tolgono poi risorse alla sanità pubblica, stimati in oltre 2 miliardi.

SE IL VICEPRESIDENTE di Confindustria Maurizio Stirpe ha contestato i dati e la lettura di Pizzuti, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha risposto invitando tutti al «pragmatismo». «Anch’io sarei più contento che gli aumenti salariali fossero reali e per far questo da tempo propongo di detassare gli aumenti dei contratti nazionali, ma oggi se vado da un lavoratore e gli chiedo: ti vanno bene 100 euro da usare nella sanità privata tassati al 10 per cento? Lui risponde sì». Sulle conseguenze negative in fatto di sanità pubblica Landini rilancia una sua proposta: «Prevedere che i fondi integrativi facciano convenzioni con il sistema sanitario nazionale nelle varie regioni per favorire la sanità pubblica».

LA CHIOSA DI PIZZUTI sul tema è condivisa (non da Stirpe): abolire le leggi che detassano il welfare occupazionale e aumentare realmente i salari.
Mentre il presidente dell’ufficio parlamentare di bilancio (Upb) Giuseppe Pisauro lancia l’allarme tributario sul prossimo frutto avvelenato delle defiscalizzazioni salariali: «Succede la stessa cosa con la tassazione dei premi di risultato che hanno una aliquota al 10 per cento. Per le imprese basta alzare la quota di Premio rispetto al salario complessivo per risparmiare moltissime tasse».

PASSANDO ALLA PRIMA MANOVRA del “governo del cambiamento” Pizzuti non è stato tenero, considerandola in continuità con «l’austerità espansiva, fallita in tutta Europa». «La prima legge di bilancio della nuova legislatura e il dibattito che l’ha accompagnata si sono concentrati essenzialmente su due provvedimenti – il Reddito di cittadinanza e “Quota 100” – e sull’entità del deficit di bilancio. Sia nei provvedimenti sia nelle critiche ad essi rivolte si nota, in primo luogo, una non adeguata attenzione al lungo periodo che invece sarebbe necessaria per affrontare i nostri problemi strutturali. In secondo luogo, le misure adottate mostrano una limitata capacità espansiva. La riduzione degli investimenti pubblici e la concentrazione degli impegni su voci di trasferimento e sul disinnesco delle clausole di salvaguardia tendono a contenere il complessivo effetto moltiplicativo della manovra sul Pil. Ma un aspetto per certi aspetti più preoccupante è la valutazione emersa nel dibattito che una manovra di bilancio in disavanzo possa dar luogo ad effetti restrittivi sulla crescita. Quella che tende a riproporsi è una visione speculare alla “austerità espansiva” che pure è già stata ampiamente acclarata come analiticamente ed empiricamente infondata Per quanto riguarda Quota 100, ” Le aspettative del Governo sono che le adesioni arrivino all’80% dei potenziali beneficiari, valutati in 365mila, corrispondenti ad una maggiore spesa di 4,8 miliardi nel 2019. Riguardo al numero definitivo dei fruitori di “Quota 100”, va considerato che andare prima in quiescenza implica ravvicinare il normale calo di reddito che interviene nel passaggio dalla retribuzione alla pensione, per di più accentuato dall’anticipo del collocamento a riposo. Ma specialmente se l’economia italiana continuerà a infondere incertezza, è verosimile che Quota 100 avrà adesioni ridotte». Pizzuti poi torna a rilanciare l’allarme sulla «bomba sociale» per le pensioni future di precari e giovani proponendo il pagamento dei contributi da parte dello stato per i mesi di non contribuzione per una futura «pensione di garanzia».

SE SU QUESTO FRONTE il presidente dell’Inps Pasquale Tridico si appella alla quasi inutilizzata «pensione di cittadinanza», la difesa del reddito di cittadinza – anche se ammette sia più un reddito minimo che di cittadinanza» – è più motivata: «Le domande pervenute sul Reddito di cittadinanza sono, ad oggi, 1,2 milioni. Su queste, il tasso di rifiuto è del 25-27%. Sono tre milioni gli individui raggiunti, molto più del Rei. Reputo che questo sia uno strumento fondamentale per la coesione e per lo Stato sociale italiano. Rappresenta un passo di civiltà importante», conclude.