Era in programma Cleo dalle 5 alle 7, il film del 1962 di Agnès Varda, ieri mattina alle 6 al Cinema La Clef di Parigi. La proiezione a quell’ora era pensata per radunare persone per evitare lo sgombero della sala, occupata e autogestita da due anni e mezzo da un collettivo di registi, studenti, cinefili, cittadini, ma non è bastato. Proprio intorno alle 6 le forze dell’ordine hanno fatto saltare la serratura del cinema al numero 34 di Rue Daubenton, vicino alla Grande moschea di Parigi. «È arrivata una prima volante, hanno bussato per un minuto ma non ci hanno dato il tempo di scendere. Si sono fatti strada con la forza e allora ci siamo radunati fuori» ha raccontato un occupante a «Libération».

C’ERA STATA l’illusione di un epilogo diverso per questo esperimento collettivo che, come già raccontato su queste pagine, ha ricevuto la solidarietà attiva da molte figure del cinema francese e aveva saputo accendere l’entusiasmo di tanti e tante grazie alle proiezioni di qualità, al confronto che ne seguiva, allo scambio di vedute sul cinema non inteso come prodotto da vendere e comprare ma come porta spalancata sulla condizione umana intorno a cui ritrovarsi. Sull’onda della forte partecipazione era stata lanciata una raccolta fondi per tentare di acquistare collettivamente la sala, un modo per contrapporsi all’acquisizione annunciata da parte del gruppo Sos di Jean-Marc Borello, imprenditore vicino a Macron e pilastro dell’economia di assistenza in Francia. Il gruppo ci ha tenuto ha ribadire la propria estraneità allo sgombero: «Non abbiamo rinnovato la promessa di acquisto, non possediamo questo posto e non siamo l’autorità responsabile dello sfratto». Gli occupanti attribuiscono però a loro, e alla sindaca Anne Hidalgo, lo sviluppo degli eventi. In mattinata una manifestazione ha sfilato nelle vie limitrofe a La Clef e un’altra si è svolta in serata, il punto di ritrovo è stato spostato all’Istituto del mondo arabo per la gran quantità di agenti di polizia che ancora circondava il cinema e il quartiere. «La cultura ha orrore del vuoto» e «non metteremo la chiave – ovvero “la clef” – sotto la porta» recitavano gli striscioni, vedremo se effettivamente quest’esperienza saprà costruirsi un futuro, a Rue Daubenton o altrove.