È un libro costruito sul concetto della bellezza assoluta – espressa nelle pagine, nella grafica, negli oggetti riprodotti e anche nella storia che scivola lungo il tempo, attraversando con leggerezza i secoli. È una sorta di catalogo della raffinatezza che cerca di cogliere, con l’ausilio di una serie di manufatti quotidiani e di pezzi più dichiaratamente artistici, l’essenza giapponese, quell’approccio alla vita e alla natura che porta sulle sue spalle una cultura millenaria.

WA, edito da Phaidon Press, (London, pp. 288, euro 69.95) è un prezioso volume a cura di Rossella Menegazzo e Stefania Piotti (autrici dei testi). All’interno, si tenta di catturare un atteggiamento, uno spirito che aleggia fra le cose e le collega tutte con un filo invisibile. «Wa» (suffisso in parole come washi, carta, waka, poesia) è un termine fluido che si spinge fin dentro il silenzio degli spazi vuoti, che non fa riferimento ad alcuna personalità e che riesce, con la sua difesa dell’anonimato, a trovare il giusto punto di equilibrio e armonia fra homo faber e natura.

Sappiamo quanto questa idea di «semplicità» e di «emptiness», proveniente dalle arti giapponesi abbia guidato lontano le avanguardie europee che, inseguendo l’essenziale, riuscirono a far deflagrare il linguaggio e a decostruire le immagini per poi riconsegnarle «purificate» dai dettagli.
Non c’è un tempo specifico in cui poter classificare il design del Giappone; per sua natura, è allergico alle archiviazioni cronologiche. Contiene in sé un principio di astrazione che lo rende indenne al susseguirsi degli anni e delle epoche. Risponde a un senso estetico che preferisce lavorare sul vuoto.

Questo amore per la «mancanza» è testimoniata da diverse espressioni culturali del Giappone tradizionale e moderno: la maschera del teatro No con la sua assenza di emozioni, i giardini ikebana che si fondano sull’armonia del dentro/fuori, il grado zero delle cose sempre ricercato come sorgente primaria. La cerimonia del tè ne rappresenta la suprema ambizione, è l’anelito più profondo verso il «vuoto», come dimostra il maestro Senno Rikyu (1573-1615). La sua lezione si dispiegava tutta dentro i confini del wabi, il rifiuto di ogni orpello che possa distogliere dal fine e dalla concentrazione.

Il libro WA prende in esame circa trecento oggetti, producendo dei cortocircuiti interessanti tra ritualità della tradizione e business contemporaneo. Così si va dalla bellezza zen dei giardini astratti (karesansui) agli utensili proposti nei negozi Muji, essenziali e rivoluzionari proprio per la loro duttilità e adattabilità ad ogni contesto. Come il coltello Yanagiba che, in fondo, somiglia a un umile bastoncino.