Due sono, secondo gli istituti di ricerca specializzati in diagrammi e modelli matematici applicati ai flussi elettorali, i fenomeni che escono dalle urne dei ballottaggi nei 76 comuni tornati al voto per il secondo turno domenica scorsa: la sonora sconfitta del centrosinistra (passa da 43 a 27 comuni su 76), con il corollario della sparizione delle Regioni «rosse» -in Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche si sono più che dimezzati i comuni in mano al centrosinistra – e la trasformazione del M5S da formazione politica «né di destra né di sinistra» a «asso pigliatutto», nel senso di determinante anche dove non più presente nella sfida finale: una «macchina da ballottaggio», lo definisce l’Istituto Cattaneo.

Perché invece l’elettorato del centrosinistra risulta «non elastico», cioè incapace di attirare ed estendere i consensi dal primo al secondo turno, di espandersi insomma.

E anche qui si rileva una specifica non di poco conto: dove ha potuto l’elettorato pentastellato ha privilegiato il candidato del centrodestra, specialmente se leghista. Segno che l’alleanza nazionale legastellata si sta saldando a livello locale. Esemplare in questo senso è il caso di Cinisello Balsamo, come fa notare il Centro italiano di studi elettorali diretto da Roberto D’Alimonte. Cinisello era l’ultima roccaforte «rossa» – ora caduta anch’essa – della Lombardia, al netto del comune di Milano, dopo la perdita della «ex Stalingrado» di Sesto San Giovanni. In questo comune si confrontavano al secondo turno centrosinistra e centrodestra e la metà degli elettori cinquestelle ha optato per il leghista Giacomo Ghilardi decretandone la vittoria, mentre solo il 7% ha scelto di votare per la sindaca uscente del Pd, Siria Trezzi.

Ancora più significativa è la vicenda di Pisa, città-emblema della sinistra fin dal dopoguerra che si risveglia ora con un primo cittadino leghista. Sotto la Torre pendente la vittoria di Michele Conti è stata determinata, dicono i dati, dalla confluenza su di lui di due bacini elettorali, quello di una lista civica di destra, più il gruzzolo pentastellato che rappresentava il 4% dell’elettorato e al 70% – il dato più alto in assoluto – ha appoggiato il candidato leghista mentre il rivale renziano Andrea Serfogli non ha saputo intercettare voti dispersi a sinistra.
Ci sono però anche realtà di segno diametralmente opposto: Brindisi e Teramo ad esempio. In entrambe queste città «adriatiche» la vittoria del centrosinistra – il sorpasso in Puglia e la riconferma in Abruzzo – è stata determinata da una forte emorragia a destra verso l’astensione e dal fatto che i cinquestelle hanno scelto di votare a sinistra. A Brindisi addirittura il 30 per cento dei grilli ha appoggiato il sindaco Riccardo Rossi e la sua coalizione Brindisi «Bene comune». Anche ad Ancona i pochi elettori grillini che hanno deciso di non astenersi, hanno alimentato la vittoria della sindaca di centrosinistra con il loro 2%.

Quando poi i M5S si sono trovati in pole position sono stati capaci di rimonte pazzesche, anche di 31 punti percentuali a distanza di due settimane. Così pur riuscendo ad arrivare al ballottaggio solo in 7 comuni su 76, il M5S ha un tasso di vittoria del 71,4%, il più alto registrato.

In effetti gli elettoro di centrosinistra dovendo scegliere tra gli altri due poli generalmente scelgono l’astensione ma talvolta accettano, più o meno turandosi il naso, di dare la preferenza al candidato grillino. È il caso di Terni dove pure con il loro 7,1% non sono riusciti a fare la differenza e lo stesso a Ragusa.

Ma anche se nel Centro-Sud (Lazio, Sardegna, Abruzzo) la situazione uscita della urne è meno drammatica ma a Pisa e Siracusa emerge un dato inquietante: quasi il 9% nella città toscana e oltre il 10% in Sicilia degli elettori di centrosinistra si buttano a destra tra un turno e l’altro.

La matematica non è un’opinione ma talvolta, se applicata alle elezioni, va interpretata. E per l’Istituto Cattaneo lo smottamento del Pd nella ex «zona rossa» e nelle situazioni di governo è dovuto alla percezione degli elettori che si tratti di establishment, di un sistema di potere da colpire.

Un voto che il Cattaneo definisce «volatile» e «anti-sistema» ma su questo le interpretazioni sono solo all’inizio e non necessariamente concordi .