Chi la conosce di persona, dice sia una bella donna. L’artista Negar Sh è persiana, la sua bellezza non dovrebbe coglierci di sorpresa. Ma dietro al nome non c’è ancora un volto: la giovane iraniana non vuole apparire, ha incontrato i ragazzi delle scuole ma non desidera essere fotografata. Per nessun motivo. Tenuto conto del riserbo dell’artista, viene da chiedersi il perché di un tale lavoro. La risposta potrebbe essere la denuncia dell’oppressione sociale e politica in Iran, la reazione di una ragazza al condizionamento religioso e politico di quello che è percepito da molti come un regime. Come tanti suoi concittadini, Negar Sh si sente in diritto e in dovere di criticare la Repubblica islamica dell’Iran, vuole protestare, inveire contro le autorità. Ma al tempo stesso ne teme le ripercussioni, perché ayatollah e pasdaran non perdonano l’irriverenza, soprattutto quando a essere preso di mira è l’Imam Khomeini, il fondatore della Repubblica islamica nonché padre della patria.

Eppure, l’opera di Negar Sh è centrata proprio su di lui, sull’Ayatollah Khomeini. Negli anni Sessanta l’Ayatollah era il simbolo della ribellione del clero sciita nei confronti dello scià di Persia: il 3 giugno 1963 fu l’unico ad avere il coraggio di attaccare il governo monarchico che aveva esteso il servizio militare obbligatorio ai seminaristi. Al tempo stesso, Khomeini mise all’indice la pratica della dissimulazione, consueta nella tradizione islamica sciita, osservando come in quei giorni tanto caldi il silenzio equivalesse ad aiutare il regime tirannico dei Pahlavi e i nemici dell’islam. Per quelle affermazioni Khomeini scontò quattordici anni di esilio. Tornato in patria con la rivoluzione del 1979, riuscì ad imporre la propria filosofia politica che ruota attorno al concetto di velayat-e faqih e hokumat-e islami, ovvero sul governo del giureconsulto e il governo islamico. Il resto è storia: Khomeini è stato capo di Stato fino al 1989, anno della sua morte. Le sue fotografie sono presenti in tutti gli uffici governativi e anche nei libri di testo scolastici.

Sulle pareti dello Showroom Vanni di Piazza Carlo Emanuele II, 15/A, in quella che i torinesi chiamano Piazza Carlina, sono esposte fino a sabato 2 dicembre proprio le pagine dei libri delle scuole elementari e medie utilizzati nella Repubblica islamica dell’Iran. L’artista e graphic designer iraniana Negar Sh ha lasciato l’Iran nel 2001, nel 2014 ha completato gli studi in grafica e sta attualmente frequentando l’Accademia di Belle Arti, in una qualche città italiana. In questi anni all’estero ha chiesto ad amici e parenti di mandarle, per posta, infilati in libri e nascosti in altri oggetti, le pagine che raffigurano l’Imam Khomeini, pagine scarabocchiate dai ragazzini, figli appunto di amici e parenti. Immagini agiografiche di un capo di Stato verso cui i più piccoli “hanno attivato un’inconsapevole e potentissima ribellione sovversiva, scarabocchiandone l’effige e la sua grottesca, irreale mitologia”, scrive la critica d’arte Olga Gambari nella prefazione di un piccolo catalogo.

In realtà gli interventi dei ragazzini sono minimi, pochi segni e grafismi a penna e matita. Disarmanti e irriverenti. Sufficienti a trasformare l’arcigno Ayatollah in un personaggio che certo non incute timore. La forza dell’opera di Negar Sh, dal titolo Silent Movement, risiede nella sua coralità: sulle pareti della galleria, illuminata dal sole di novembre, le pagine dei libri di testo iraniani sono l’una accanto all’altra. Incorniciate, protette da un vetro sottile come a impedire che il visitatore possa intervenire di suo, sull’opera.

A scegliere il lavoro di Negar Sh è stata proprio lei, la critica d’arte torinese Olga Gambari: “Ho selezionato il suo lavoro incontrandolo in un’aula dell’accademia. Mi ha molto colpito, e mi sono fermata a guardarlo. Era forte e netto, guardava negli occhi. Con la sua estetica minimale e delicata incarna una forte denuncia e svela il segreto. Un lavoro in cui l’infanzia riluce con la sua semplice e inesorabile dichiarazione su come l’imperatore sia nudo. Il lavoro di Negar è un coro di voci e di sguardi, che non giudica ma semplicemente osserva e neutralizza la violenza senza neanche alzare un sopracciglio. Quei segni sull’icona propagandistica di un capo di Stato diventano un simbolo universale di come la realtà sia davanti a noi, sempre, nelle piccole e nelle grandi vicende. E di come ci sia una forza enorme prima di tutto nelle singole persone e a seguire nella consapevolezza sociale che si fa diritto e democrazia reale”. Sul valore estetico di Silent Movement, Olga Gambari aggiunge: “È un’installazione fotografica, di scatti sul reale. Le pagine dei libri con gli interventi degli studenti hanno, insieme, un carattere performativo che sta nell’averli raccolti e presentati come se fossero attori, voci appunto”.

Con questo lavoro, Negar Sh ha vinto la nona edizione del premio progetto espositivo di Autofocus. Si tratta di un concorso internazionale promosso dall’azienda di occhiali Vanni con il sostegno e il patrocino di GAI, il Circuito dei Giovani Artisti Italiani, un’associazione non profit che raccoglie 34 amministrazioni pubbliche per sostenere le nuove generazioni artistiche con iniziative di promozione, produzione, mobilità internazionale e ricerca. Una modalità vincente, di collaborazione tra il mondo dell’arte, il business e le istituzioni.