Caro dr. Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri, pur essendo io un tenace avversario della sua riforma costituzionale, e così della sua legge elettorale che assieme a un pool di avvocati sono riuscito a portare davanti alla Corte costituzionale, devo ringraziarla per aver costituzionalizzato il mio vitalizio di ex senatore (nella tredicesima legislatura) e con il mio quello di migliaia di altri ex parlamentari o loro superstiti, coniugi o compagni e compagne e di vita: 2.700 elettori circa. Il suo è stato un atto di generosità fatto con discrezione.

Evidentemente non doveva accorgersene nessuno, né i parlamentari né gli assatanati populisti, anzi soprattutto loro.

Purtroppo la mia acribia di oppositore mi ha fatto leggere tutto il testo della legge di revisione e così anche l’articolo 40 (disposizioni finali), comma 3, ultimo periodo: «Restano validi ad ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi». Una norma estranea alla materia costituzionale. Una formulazione talmente ampia e generica, che non sistema solo disinvolte operazioni contrattuali delle Camere in autodichia, ma anche e per sempre i nostri vitalizi. Se ne vuol discutere pubblicamente il mio ringraziamento al suo cospetto suonerà ancora più forte.

Ciò non ostante, spero e mi do da fare perché il No vinca, sono un sentimentale costituzionale da quando ho potuto sentire dal vivo Calamandrei a Milano nel 1955. Per questo mi son battuto con i colleghi Bozzi e Tani contro il Porcellum e con un centinaio di avvocati abbiamo coordinato 23 ricorsi contro l’Italicum, di cui 5 già arrivati alla Corte Costituzionale. In ogni caso devo ringraziarla per il suo generoso, ma spero infruttuoso, tentativo di resistere alla demagogia di questi tempi. Viva i vitalizi.

Devo però aggiungere, proprio in quanto ex senatore, che mi disturba alquanto l’ingannevole quesito sul quale siamo chiamati a votare. Tra le tante domande cui dovremmo rispondere il 4 dicembre con un sì o con un no, c’è infatti quella relativa alla «riduzione del numero dei parlamentari». In realtà, come ormai tutti hanno capito, si tratta della riduzione di soli 220 senatori elettivi. Forse in questo caso anche lei, dottor Renzi, ha ceduto alla demagogia. O forse si è contenuto, poteva infatti scrivere «riduzione di 200 poltrone di superflui senatori».

Se non che c’era il rischio che, in un sussulto dignità, alcuni senatori potessero provare a emendare il titolo del disegno di legge costituzionale. Che invece è rimasto quello stabilito dal governo dal principio, grazie anche alla collaborazione – ex art. 83 comma 4 della Costituzione – di Giorgio Napolitano, allora presidente non emerito.