Piolin imbavagliato si intitola il libro sulla vicenda catalana, scritto da Elena Marisol Brandolini pubblicato da Ediesse (pp. 158, euro 13). Piolin altri non è che il canarino giallo, che gli italiani conoscono come Titti, in permanente lotta con gatto Silvestro. È un titolo azzeccato perché evidenzia un tratto peculiare di ciò che è accaduto in Catalogna e cioè la leggerezza e l’ironia con cui più o meno la metà della società catalana ha tentato di conquistare l’indipendenza dalla Spagna. L’autrice per l’appunto la chiama «la rivoluzione del sorriso».

LA RIVOLUZIONE, si sa, non è un pranzo di gala e forse nemmeno si può fare sorridendo e quindi era prevedibile la reazione furiosa e feroce dello stato spagnolo, governato allora dalle destre, che ha imbavagliato, arrestandoli o costringendoli all’esilio, tutti i dirigenti politici dell’indipendentismo.
È prima di tutto un libro utile, perché fa capire cosa sia successo in questi 12 mesi tanto tormentati per l’intera Spagna. La ricostruzione degli eventi è meticolosa, ricca di informazioni, non solo perché l’autrice vive a Barcellona, e ha materialmente partecipato a quegli eventi, arricchendo la copiosa documentazione, con un vissuto che li carica di emozioni e passioni. Soprattutto affida il racconto a un vissuto collettivo, intervistando donne e uomini, di entrambe le tendenze. Ne esce un viaggio nelle numerose manifestazioni, nelle drammatiche riunioni che portarono alla dichiarazione unilaterale di indipendenza.

DA TUTTO CIÒ EMERGE una verità, spesso negata, e cioè il profondo radicamento che ha nella società catalana l’idea di sentirsi una nazione diversa dalla Spagna e la rivendicazione del diritto a decidere. Non c’è repressione e crudeltà sufficiente a far demordere almeno la metà dei catalani dall’orgogliosa rivendicazione di voler decidere se essere o no un territorio altro rispetto alla Spagna.
Non è stato sempre così. Il libro ripercorre le varie tappe in cui la voglia di indipendenza ha preso corpo fra le catalane/i. In primo luogo nella debolezza del patto costituzionale del 78, condizionato dal ricatto di Alleanza Popolare, da cui scaturirà il Partito Popolare, che obbligò comunisti e socialisti ad abbandonare l’idea della Spagna plurinazionale. Poi lo sciagurato affossamento, grazie al ricorso del PP di Rajoy alla Corte Costituzionale, del nuovo statuto dell’autonomia, approvato dal Parlamento nazionale e convalidato con un referendum dal popolo catalano.
Solo questa ottusa e repressiva decisione delle destre spagnole, in perfetta continuità col franchismo, può spiegare l’ostinata determinazione del popolo catalano e perché i partiti indipendentisti abbiano rivinto le ultime elezioni del 21 dicembre scorso, sebbene convocate dal governo Rajoy, cioè nel pieno di una sospensione delle legittime istituzioni catalane e con gran parte del gruppo dirigente indipendentista in carcere preventivo.

GIUSTAMENTE IL LIBRO sottolinea che l’unica possibilità di riaprire un dialogo ed evitare una deriva drammatica per l’intera Spagna, stia nel riconoscere l’urgenza di un passo indietro del potere giudiziario, ripoliticizzando la questione territoriale catalana e spagnola. Prendendo soprattutto atto dell’impossibilità di risolverla non rimanendo dentro la cornice del patto costituzionale del 78. Soprattutto capendo che al centro del problema c’è una questione di democrazia e di libertà e non solo di sovranità. Qualcuno può pensare di poter affrontare una riforma del patto costituzionale del 78 tenendo in galera i legittimi rappresentanti della metà della società catalana?

LA NOVITÀ RISPETTO a quando è stato scritto il volume è che ora al governo di Spagna ci sono i socialisti con i voti di Podemos, dei nazionalisti Baschi e dei partiti catalani indipendentisti. Il problema quindi resta. Se è netta la discontinuità con le politiche delle destre sul terreno politico e sociale, altrettanto lo è il rischio che essa non si imponga, se contemporaneamente non produce una svolta sul nodo catalano, ripristinando libertà e promuovendo, la nuova Spagna plurinazionale.