Sette calciatori positivi, 14 club interessati. Un focolaio che rischia di immobilizzare l’intero campionato di serie A. Il ritiro della nazionale italiana in Lituania sta producendo positività a catena. Il primo a infettarsi un membro dello staff tecnico azzurro il giorno precedente alla gara, l’ultimo è Bernardeschi della Juventus – che oggi dovrebbe recuperare – l’Asl di Torino al momento non ne mette in dubbio lo svolgimento – la partita con il Napoli prima vinta a tavolino dai bianconeri (campani con positivi e assente per intervento dell’Asl) e poi riprogrammata dopo il successo nel ricorso del club azzurro.

LA SITUAZIONE È SERIA, non solo all’interno degli spogliatoi del club zebrato: oltre a Bernardeschi (terzo alla Juve dopo Bonucci e Demiral), test positivo per Sirigu (Torino), in precedenza Florenzi e Verratti del Psg, Grifo (Friburgo), Cragno (Cagliari). Nel Napoli, al momento negativi, ci sono tre nazionali azzurri. La Serie A, nel frattempo, trema. Nel silenzio, ennesimo, della federcalcio e della Lega , pronte poi a lamentarsi in caso di intervento (previsto dalla legge) delle autorità sanitarie locali in tema di tutela della salute pubblica.
Ma sono colpevoli anche la Fifa e l’Uefa. L’allarme lanciato in queste ore dall’allenatore del Manchester City, Pep Guardiola, colpisce nel segno: si gioca troppo, ogni tre giorni, senza recupero fisico, durante una pandemia che non osserva le leggi non scritte del calcio. E nonostante il flusso di positivi, in Italia resta in vigore un ridicolo protocollo sanitario, approvato dal Cts lo scorso maggio con i contagi quasi prossimi allo zero, che non contempla l’evoluzione del virus e le sue varianti. Soprattutto, non c’è stato neppure un tentativo per la riduzione dei calendari dei tornei nazionali, delle coppe europee e delle nazionali. Neppure le amichevoli sono state cancellate. Non si è rinunciato a nulla, in nome degli assegni dalle tv e dagli sponsor, per tenere in piedi (specie in Italia) un sistema indebitato e senza regole. Servono i soldi, quindi si gioca. E quindi, si rischia. Positivi, competizioni alterate, atleti che risultano positivi al virus ed ovviamente esclusi dalla convocazione a poche ore dall’inizio delle partite, piazzati in isolamento ma a contatto con i compagni sino a un attimo prima del tampone.

ANCHE LA NBA, la lega del basket americano che prevede solitamente una stagione regolare da 82 partite condensate in sette mesi ha deciso di rivedere il suo format, dieci partite in meno, per consentire il recupero fisico dei cestisti ma anche per concedere un attimo di margine per tamponi, positivi, quarantene. Nonostante la campagna vaccinale americana segua un ritmo insostenibile per il sistema italiano. E quindi, l’infinito elenco di positivi che da ottobre ad oggi stanno alterando il senso del campionato mettendo al rischio la salute, ma ora è tardi. Assente il buonsenso, c’è solo la conta dei danni.