È raddoppiato il numero delle persone che, a causa dell’epidemia di Covid-19 e delle misure restrittive di prevenzione disposte dalla Presidenza del consiglio, si sono rivolte alle strutture della Caritas per chiedere un sostegno economico, alimentare, psicologico.

Si tratta di 38.580 nuovi impoveriti che non avevano mai bussato alla porta di un centro di distribuzione, di una mensa o di una Caritas parrocchiale e che invece, nel mese di aprile, sono stati costretti a farlo, soprattutto a causa della perdita del lavoro – spesso precario o nero – che, a cascata, ha determinato la difficoltà o l’impossibilità di pagare le bollette, di acquistare farmaci, di fare la spesa.

È quanto emerge dall’indagine nazionale «Emergenza Covid-19» curata dalla Caritas italiana, che ha effettuato una rilevazione degli accessi e delle richieste di aiuto pervenute nelle proprie strutture diffuse su tutto il territorio nazionale fra il 9 e il 24 aprile.

Interpellato la scorsa settimana dal manifesto, don Andrea La Regina, uno dei responsabili nazionali di Caritas italiana, aveva quantificato nel 20-50% in più l’afflusso di persone nelle strutture della Caritas. Ora, con l’indagine a tappeto curata dall’ufficio studi (ma hanno risposto solo 101 Caritas diocesane su un totale di 218, quindi i dati sono in difetto), i numeri sono più precisi e decisamente più alti, e fanno segnare un incremento del 105% di coloro che si sono rivolti per la prima volta ad un centro Caritas, appunto 38.580 persone.

Quasi tutte hanno evidenziato problemi economici legati alla perdita o alla fortissima riduzione del lavoro. Ma anche difficoltà famigliari esasperate dalla convivenza forzata (violenze domestiche, conflitti, abbandoni); problemi scolastici per i minori, incrementati dalla didattica a distanza (indisponibilità di pc e tablet, solo in minima parte forniti dalle scuole, scarsa connettività internet); problemi abitativi e di salute.

Le richieste principali hanno riguardato beni di prima necessità (soprattutto generi alimentari) e aiuti economici per il pagamento delle bollette e degli affitti. Ma, spiegano da Caritas italiana, «aumenta il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro».

I servizi Caritas maggiormente sotto pressione a causa delle nuove richieste sono stati i magazzini e i centri di distribuzione, i centri di ascolto e le Caritas parrocchiali. È aumentata anche la domanda di visite e assistenza domiciliare di vario tipo e le file davanti agli empori e alle farmacie solidali.

Tanto che sono stati potenziati servizi prima poco utilizzati e ne sono stati “inventati” di nuovi: la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti a quasi 290mila persone e di pasti da asporto e consegne a domicilio a favore di oltre 56mila; servizi di ascolto e accompagnamento telefonico, sia in presenza soprattutto negli ospedali e nelle Rsa, sia a distanza con quasi 23mila contatti telefonici registrati.

Dal punto di vista economico, stavolta la Conferenza episcopale italiana è intervenuta in maniera sostanziosa, destinando all’emergenza Covid-19 225 milioni di euro, un quinto della somma dell’otto per mille incassata nel 2019 (pari a 1.133 milioni di euro). La Caritas conta anche dieci vittime per il virus fra i suoi volontari, anche se, ci spiegano, «non siamo in grado di dire se siano stati contagiati a causa dell’attività di volontariato».

«Il problema principale resta quello della perdita del lavoro», spiega Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi della Caritas. «Da lì scaturiscono tutti le altre nuove necessità: fare la spesa e pagare le bollette, acquistare un pc per chi deve studiare a distanza, insomma provvedere alla propria famiglia e a se stessi».