Dopo tanta esitazione, una manciata di paesi europei ha avuto l’ardire di utilizzare per la prima volta il meccanismo Instex – concepito oltre un anno fa da Germania, Francia e Regno unito – per aiutare l’Ue a salvare l’accordo nucleare con Teheran, quello che il presidente statunitense Donald Trump aveva mandato a monte ritirandosi unilateralmente nel 2018. Se gli europei hanno osato tanto, è perché sono consapevoli che in questo momento la Casa bianca ha ben altre gatte da pelare.

Due giorni fa, il 31 marzo, è stata effettuata la prima operazione per consegnare materiale sanitario all’Iran: pur escluso dalle sanzioni americane, in questi anni le case farmaceutiche sono state sollecitate affinché non concludessero affari con Teheran. Nella Repubblica islamica mancano i farmaci per combattere il cancro, ma non solo. In questo caso non si tratterà di una vera e propria vendita ma di un baratto.

A novembre ad aderire a Instex erano stati Finlandia, Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia e Svezia. L’Italia, seppur da sempre vicina all’Iran culturalmente e nel business, non ha ancora aderito per le «troppe sfide tecniche» e soprattutto per non irritare l’amministrazione Trump.

Gli altri paesi europei auspicano che questa prima vendita di medicinali, del valore di 500mila euro, possa spianare la strada a ulteriori aiuti alla Repubblica islamica, uno dei paesi maggiormente colpiti dal Covid-19: il bilancio di ieri pomeriggio era di oltre 3mila morti, 47.593 casi positivi e 15.473 guariti. Le restrizioni agli spostamenti non sono severe come in Italia: dal 25 marzo all’8 aprile (almeno) gli iraniani non potranno spostarsi da una città all’altra.

Consapevoli dei rischi per la salute, molti restano a casa e così su Twitter fa notizia un signore con i capelli bianchi che esce per sgranchirsi le gambe e, in un parco deserto, rischia di essere rapinato. Sul numero delle vittime la Repubblica islamica fornisce molto probabilmente dati sottostimati.

Dalla sua casa nel quartiere Tajrish nella Teheran nord (benestante) l’ultrasettantenne Faezeh, vedova con una figlia in Canada, si collega su Skype con la nipote, medico in California: i sintomi sono quelli del Covid-19, l’anziana ha chiamato il medico che le ha consigliato di stare a casa e chiamare l’ambulanza solo se la situazione peggiora.

Di fare il tampone non se ne parla. Se sei un comune mortale non ti spetta, è prerogativa dei politici. E se muori tra le mura domestiche non rientri nelle statistiche, come in Italia.

Ora, se la leadership iraniana sottostima le vittime della pandemia, il presidente Hassan Rohani accusa gli Stati uniti di trascurare un’opportunità storica, quella di togliere le sanzioni all’Iran. Per il capo dell’esecutivo di Teheran, Washington avrebbe perso la possibilità di «prendere una direzione contraria a quella in essere, pessima, e per una volta di dire di non essere contro il popolo iraniano». Gli Stati uniti, secondo Rohani, «non avrebbero imparato la lezione nemmeno in questa difficile situazione a livello mondiale».

Da Teheran, il presidente iraniano lancia invettive consapevole che la Repubblica islamica rischia di sprofondare nel baratro anche perché il prezzo del greggio è crollato e con l’oro nero si è svuotato il portafogli del governo.

Rohani ha chiesto cinque miliardi di dollari in prestiti all’Fmi, Trump si è messo di traverso ma ora gli europei potrebbero avere l’ardire di approfittare della distrazione del presidente, che si barcamena con l’emergenza negli Usa, per dare finalmente una mano all’Iran.