Anthony Fauci, l’infettivologo posto da Trump a capo della task force statunitense anti-covid, ha decisamente smentito le tesi complottiste del suo presidente, secondo cui il coronavirus sarebbe nato in un laboratorio cinese. «L’evoluzione del virus suggerisce decisamente che esso non possa essere stato artificialmente e deliberatamente manipolato» ha detto in un’intervista al National Geographic. Fauci è uno dei massimi esperti al mondo di Hiv e di virus letali se ne intende. «Tutto ciò che sappiamo sull’evoluzione del virus nel tempo indica che si sia evoluto in natura e poi abbia saltato di specie». Gli scienziati che hanno studiato la sequenza genetica del virus hanno individuato nel pipistrello o nel pangolino la specie in cui il virus si è evoluto prima di adattarsi nell’uomo.

AFFERMANDO CHE IL VIRUS sia stato creato in un laboratorio di Wuhan, il presidente si è limitato a rilanciare alcune delle bufale che circolano sin dall’inizio dell’epidemia. Quelle a cui allude Trump sono due.

La prima sostiene che la sequenza genetica del coronavirus abbia strane somiglianze con quella dell’Hiv. Lo ha sostenuto uno studio apparso in rete – senza revisione da parte di esperti – sul sito   già a fine gennaio a firma di un gruppo di biologi indiani. Secondo i ricercatori quelle somiglianze non sono casuali: il virus potrebbe essere stato modificato al fine di aumentarne l’infettività. Anche il premio Nobel Luc Montaigner – da tempo sostenitore di teorie pseudoscientifiche – ha rilanciato la tesi, spiegando che il virus modificato serviva nello sviluppo di un vaccino contro l’Hiv. Ma le analisi successive hanno mostrato che quelle strane sequenze non sono affatto specifiche dell’Hiv e che la ripetizione casuale di brevi sequenze in virus diversi è un fenomeno molto comune. Lo studio indiano è stato ritirato dal sito con molte scuse.

L’altra teoria del complotto riguarda alcune ricerche realizzate a Wuhan nel 2015. Proprio per accertare la possibilità di un salto di specie, un’equipe internazionale di scienziati (c’erano cinesi, statunitensi e persino l’italiano Antonio Lanzavecchia) aveva modificato un coronavirus rendendolo più infettivo e sperimentarlo in vitro. In questa storia il virus “creato in laboratorio” c’è davvero. Peccato che a un’analisi dettagliata le due sequenze hanno così tante differenze da escludere categoricamente un qualunque rapporto tra il virus manipolato e quello responsabile del Covid-19.

COME SI VEDE, l’ipotesi di Trump non è stata esclusa a priori dagli scienziati, che anzi vi hanno dedicato tempo e risorse prima di concludere che si tratta di una bufala. La possibilità che un virus sfugga a un laboratorio esiste, tanto che gli studi sui virus più pericolosi vengono effettuati in laboratori con il massimo livello di biosicurezza detti Bsl-4. In questi laboratori sono previste regole molto rigide sviluppate sulla base di incidenti realmente avvenuti e che in alcuni casi hanno provocato epidemie disastrose.

L’esempio più citato in letteratura riguarda la straordinaria somiglianza genetica tra il virus dell’influenza pandemica del 1977 e quelli che causarono le influenze degli anni ‘50 prima di sparire. Il virus del 1977 proverrebbe dai laboratori sovietici: a rimetterlo in circolazione potrebbe essere stato un incidente di laboratorio, anche se oggi appare più probabile che si sia diffuso durante una sperimentazione su un vaccino finita male.

ANCHE PIÙ RECENTEMENTE si sono registrati incidenti di laboratorio che hanno disperso patogeni pericolosi. È successo quattro volte con Ebola, con una vittima. La Sars invece è sfuggita sei volte tra Cina, Taiwan e Singapore. In uno dei casi avvenuti a Pechino, il focolaio è stato fermato quando aveva raggiunto la terza generazione di contagiati.

Il vaiolo ha ucciso la sua ultima vittima dopo la sua eradicazione dall’ambiente naturale: fu una fotografa sanitaria che lo contrasse alla facoltà di medicina di Birmingham (Regno Unito). La causa fu individuata nel sistema di ventilazione dell’università, un problema tipico anche sulle navi da crociera.

Sempre in Inghilterra, anche l’epidemia di afta epizootica del 2007 si sviluppò nei dintorni del laboratorio Bls-4 di Pirbright, dove si studiava il virus per sviluppare un vaccino. A portare il microbo tra gli animali fu un camion che sversò in una fattoria vicina fango contaminato da un tubo di scarico difettoso del laboratorio. Al settore agroalimentare inglese l’incidente costò 200 milioni di sterline.

Sono solo alcuni esempi: la possibilità che un virus sfugga non esiste solo nei copioni dei brutti film, e non è necessario invocare il bioterrorismo. Ce n’è abbastanza per preoccuparsi. La buona notizia è che l’analisi genetica oggi ci fornisce gli strumenti per riconoscere questi incidenti e difenderci dalle bufale.