Per le proteste sociali in corso in America latina, non c’è nemico peggiore del Covid-19.

La situazione potenzialmente più esplosiva è in Cile, dove i manifestanti non rinunciano a scendere in strada, accusando il presidente Piñera di voler sfruttare l’emergenza – più di 150 i casi finora registrati – per soffocare la protesta popolare e, magari, sospendere il plebiscito sulla nuova costituzione previsto il 26 aprile. Quel plebiscito che, voluto dal governo nel disperato tentativo di svuotare le strade, ora inizia a fargli paura, dinanzi al pericolo che una schiacciante vittoria del “sì” crei un rapporto di forze più favorevole al movimento di protesta.

Così, se in cinque mesi il governo non è riuscito a stroncare la rivolta né con la repressione (tanta) né con le concessioni (misere), il Covid-19, imponendo misure di isolamento sociale, potrebbe ora risultare determinante.

Ma al rischio che Piñera si senta legittimato a proibire le manifestazioni atteggiandosi per di più a salvatore della patria i manifestanti proprio non ci stanno. Perché, dicono, se il governo fosse realmente preoccupato della salute della popolazione, procederebbe, di fronte alla tremenda crisi del sistema di salute pubblico, a centralizzare tutte le risorse sanitarie esistenti nel paese, comprese quelle private, e a investire nell’emergenza ben più dei 261 milioni di dollari già annunciati, pari al 0,009 del Pil.

Non meno allarmante appare la situazione in Brasile, dove la popolazione ha assistito esterrefatta alla scena di Bolsonaro che, violando la quarantena richiesta dal contagio di una mezza dozzina di membri della comitiva che lo ha seguito negli Stati uniti, ha lasciato il Palácio da Alvorada, senza neppure la mascherina, per salutare i sostenitori impegnati nella manifestazione golpista a favore della chiusura del Congresso, stringendo mani e facendo selfie come se nulla fosse. Uno scandalo nello scandalo di fronte a cui Bolsonaro ha fatto spallucce: «Non ho il potere di impedire al popolo di fare alcunché», ha detto. Aggiungendo: «Se mi sono infettato, è un problema mio».

Una cosa buona però – mentre i casi di contagio superano i 200 – il governo è stato capace di farla, annunciando di richiamare i medici cubani che avevano partecipato al programma Mais Médicos, prima di essere mandati via, con tanto di insulti, proprio da Bolsonaro. Medici richiesti ora da molti paesi latinoamericani e non solo (compresa, come è noto, l’Italia), come pure numerose solo le richieste – che Biocubafarma ha già assicurato di poter soddisfare – di Interferone Alfa 2B, di produzione cubana, utilizzato insieme a un altro gruppo di farmaci nella cura dei pazienti positivi al Covid-19.

Non sorprende allora come nell’isola, dove i casi di contagio sono al momento 4, il governo si prepari all’emergenza senza particolare affanno, confidando su un sistema sanitario all’avanguardia e puntando sull’educazione e sulla partecipazione della cittadinanza alla prevenzione e alla vigilanza epidemiologica.