Se c’è qualcosa che accomuna la maggior parte dei Paesi del Sudest asiatico, è il carattere autoritario, quando non dittatoriale, dei suoi regimi. Anche la democrazia, come dimostra il caso del Myanmar, tende a essere “guidata”, un’espressione – Demokrasi Terpimpin – che fu inventata dal leader nazionalista indonesiano Sukarno negli anni Cinquanta.

Un buon sistema di amministrare la politica locale è costituito dal silenzio su quanto accade, anche se oggi è possibile bypassare censure e divieti nei diversi modi che la rete consente di utilizzare. Il caso di Dong Tam in Vietnam è un buon esempio. Alle 4 del mattino del 9 gennaio scorso è stato deciso di fermare le proteste nel villaggio di Hoanh a Dong Tam – 40 km da Hanoi – che da anni scuotono il territorio per le licenze concesse ai militari del vicino aeroporto che si accaparrano i terreni. Lo scontro è stato duro e sono morti tre poliziotti e il leader del villaggio di 85 anni Le Dinh Kinh. La cosa è passata per lo più inosservata ma in Vietnam ha acceso immediatamente il dibattito sui social. “Le autorità vietnamite hanno intensificato la repressione a livello nazionale, segnata da arresti e censura diffusa sui social media, mentre tentavano di soffocare il dibattito pubblico su questa micidiale disputa sulla terra”, ha scritto in proposito Amnesty International di cui è uscita una ricerca che sostiene che il numero di prigionieri di coscienza ingiustamente incarcerati è aumentato di un terzo: 128, una cifra secondo AI è per difetto e che comprende avvocati, blogger, difensori dei diritti umani, attivisti ambientali e per la democrazia

Tra questi prigionieri di coscienza vi è un numero crescente di persone incarcerate per commenti su piattaforme social come Facebook. Reprimere è infine più facile dal 1 ° gennaio 2019 grazie a una nuova legge restrittiva sulla sicurezza informatica. Le autorità – spiega Human Rights Watch – “bloccano l’accesso ai siti Web e richiedono che social media e società di telecomunicazioni rimuovano i contenuti ritenuti politicamente sensibili entro 24 ore dal ricevimento della richiesta”.

La legge aiuta infine due commando di cyberlotta che rispondono al nome di Du luan vien – o Brigate dell’opinione pubblica, guerriglieri del web sponsorizzati dallo Stato o dal Partito – e Forza 47, unità militare del cyberspazio vietnamita ufficialmente rivelata nel 2017. Conterebbe circa 10mila websegugi e hacker che piazzano spyware e segnalano gli “errori” alla magistratura.