La campagna presidenziale americana sta passando alla fase successiva, ovvero quella della guerra degli spot elettorali sugli schermi televisivi.

Ad aprire le belligeranze non poteva essere che Donald Trump, il miliardario schierato con i repubblicani (anche se ogni tanto continua a minacciare di voler correre come indipendente) e che al momento è in cima ai sondaggi nel suo schieramento. Il video elettorale di Trump veicola esattamente i contenuti che ci si aspetterebbe da un personaggio come lui: guerra al terrorismo, all’Islam, muro tra gli Usa e il Messico per evitare un flusso incontrollato di clandestini in entrata e per fare l’America «nuovamente grande».

Si comincia con un’immagine di Obama e Hillary molto cupi, seguita immediatamente da quella di una coppia di terroristi islamici; ora, quel che è certo è che non bisogna aver studiato tecnica di montaggio incrociato per notare il meta messaggio che questa scelta porta con sé, ma siamo solo all’inizio dello spettacolo.

A seguire arrivano infatti i temi caldi di Trump che promette, in caso di elezione, di non accettare più l’ingresso di musulmani nel paese, almeno fino a quando «non saremo in grado di capire cosa sta succedendo», poi assicura che taglierà rapidamente la testa all’Isis e toglierà loro il petrolio.

Ma la parte di spot che ha fatto davvero parlare e che ha scatenato polemiche, rivelando la vera natura del messaggio, è sicuramente quella riguardante il pericolo messicano che si accalca alla frontiera, per tracimare illegalmente negli Stati uniti.

Le immagini che accompagnano la promessa di Trump di metter fine a questo flusso migratorio illegale, sono un insieme di riprese aeree dove si vedono dozzine di persone che si riversano a piedi oltre a quella che supponiamo essere una frontiera; quelle non sono, però, immagini del confine tra America e Messico, ma rappresentano la recinzione di Melilla, enclave spagnola in Marocco; si tratta di frame postati perfino sul sito di Repubblica.it nel maggio del 2014 e dalle quali sono stati cancellati logo e data.

Ora, la scelta di mostrare delle immagini che mostrano esattamente ciò di cui si sta parlando, in linguaggio televisivo, si chiama «fare il cane-cane», per cui se parlo di un cane, mostro un cane, e non è un modo raffinato di lavorare con le immagini, ma quanto meno è veritiero; al contrario, mostrare una situazione violenta e solo vagamente analoga per rafforzare un concetto debole è pura e semplice disonestà.

Il dilemma (di Trump) è che l’America non ha un problema con il Messico, il problema, se mai, è sociale e riguarda l’integrazione dei cittadini messicani, che di fatto sostengono lo stile di vita nordamericano con il loro lavoro. Il falso di Trump è stato immediatamente scoperto dal sito PolitiFact.com e reso noto, ha raccolto critiche, prese in giro e sdegno, facendolo di fatto diventare una delle notizie del giorno.

Il capo della campagna di Trump, interrogato a proposito del falso, ha spiegato che certo, lo san bene che quello è il Marocco ma ciò che conta è quello che accadrà in America se non si correrà velocemente ai ripari costruendo un muro tra i due paesi.

Questo spot segna la prima volta in cui il miliardario spende dei soldi per la propria campagna elettorale, visto che, fino ad ora, ha goduto di un enorme ritorno mediatico che gli ha garantito una bella pubblicità gratuita.

In questi giorni ha dichiarato che cambierà rotta e anche se si sente molto sicuro della vittoria, per non correre alcun rischio e non far correre ai suoi concittadini il rischio di non averlo come presidente, investirà circa due milioni di dollari alla settimana per la diffusione degli spot elettorali, concentrandosi in special modo negli stati dell’Iowa e del New Hampshire, che danno il via alle primarie, a partire dal primo febbraio.