«Cosa sta a fare Spadafora al governo con un pericoloso maschilista? Se pensa che sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei e farei altro, ci sono delle Ong che lo aspettano». È da perfetto bullo la replica di Salvini alle accuse di Vincenzo Spadafora, sottogretario alla presidenza del consiglio con delega alle pari opportunità. Dalle colonne di Repubblica il grillino lo attacca alzo zero: «L’Italia vive una pericolosa deriva sessista. Come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?». Ce l’ha proprio con il leghista: «Gli attacchi verbali di Salvini alla capitana Carola definita criminale, pirata, sbruffoncella. Parole che hanno aperto la scia dell’odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social». Tutto vero. Se non fosse che quanto a scatenare attacchi (e minacce) alle donne, il blog di Grillo ha un pedigrée di pregio, come ben ricorda Laura Boldrini, bersaglio preferito dei 5 stelle all’opposizione. Oggi l’allarme è così tardivo da essere sospetto. Spadafora ce l’ha anche con la campagna contro gli sbarchi, peraltro ampiamente condivisa dai 5 stelle: le migranti «sono vittime tra le vittime. E il decreto sicurezza peggiorerà ancora di più la loro condizione di vulnerabilità», «siamo di fronte ad una tragedia che ha la firma della Lega».

IL PETARDO SCOPPIA DI MATTINA, il botto sembra far ballare il governo. Il capogruppo leghista alla camera Molinari dà l’ultimatum: «Delle due l’una: Spadafora si scusi subito o si dimetta». Spadafora fa sapere che alle dimissioni non pensa affatto, ma annulla la conferenza stampa sulla cabina di regia del piano contro la violenza sulle donne che aveva in programma con la ministra Bongiorno.

MA QUI C’È UN DETTAGLIO rivelatore. Di quelli in cui si nasconde il diavolo. A una verifica con gli uffici, risulta che la conferenza viene annullata la sera di lunedì, a intervista già rilasciata ma ben prima che scoppi la polemica. Ed è per questo che per le donne dell’opposizione alle sparate antiSalvini non credono. «Le bugie hanno le gambe corte», attacca la dem Pina Picierno, «I soldi del 2018, messi in campo da Maria Elena Boschi, alle regioni non sono mai arrivati. Sostenere il contrario sarebbe stato impossibile. Ecco spiegata la fuga». La capogruppo forzista alla camera Gelmini lo accusa di cinismo «sulla pelle delle donne». Lella Palladino, della rete dei centri antiviolenza Dire chiede «quando sarà possibile conoscere la programmazione dei diversi ministeri» del sistema integrato per la prevenzione e il contrasto della violenza maschile contro le donne. Monica Cirinnà (Pd): «La verità è che tutti gli esponenti M5S sono schiacciati sull’alleato leghista. È inutile che, per guadagnare qualche titolo sui giornali, qualcuno faccia finta di prenderne le distanze. Se c’è davvero qualcosa che non va rompano questo matrimonio». Stesso invito da Laura Boldrini, intervistata dall’Huffington post: «Salvini infetta la società. Apprezzo le parole di Spadafora, ma ora è a un bivio: quanto valgono i suoi principi?».

È DUNQUE UNA FUGA travestita da dissenso, quella del sottosegretario. Sì. Ma Salvini capisce che c’è anche dell’altro: l’uomo è l’alter ego di Di Maio, il suo emissario a Palazzo Chigi, il suo principale consigliere. L’affondo, dunque, arriva da lì. La finestra per andare al voto in autunno ormai è praticamente chiusa. Sicuri di non far saltare il banco, ora i grillini possono concedersi il lusso di attaccare l’alleato-avversario che li ha messi in ginocchio su tutti i dossier. Ieri Di Stefano, oggi Spadafora. In quelle stesse ore in commissione si discute di sicurezza bis. Anche lì i grillini fingono di ringalluzzirsi.

MA È SOLO TEATRO che finisce in nulla di fatto, come tutti i conflitti fra le due forze di governo fin qui. Nel pomeriggio Salvini convoca i giornalisti a Montecitorio per non concedere spazio ai 5 stelle: «Non posso essere accusato di maschilismo. Il 22 luglio approviamo il ddl Codice Rosso» (provvedimento che però le donne del Pd giudicano «vuoto»). E se non fosse per il no dei 5 stelle, per lui «il top sarebbe la castrazione chimica per pedofili e stupratori».

MA «IL GOVERNO NON È RISCHIO, se tutti lavorano il governo va avanti», dice. E i suoi fanno sapere che verso il sottosegretario non c’è una vera richiesta di dimissioni. Di Maio, che nel pomeriggio minimizza («Quanto casino e per un’intervista») in serata chiude il caso: «Spadafora non si dimette. Punto. E ora andiamo avanti, sono stanco di queste polemiche inutili».

AVANTI NEL SENSO DI della sopravvivenza del governo. I 5 stelle manderanno giù i rospi, come hanno fatto fin qui. Vogliono però mantenere il diritto di parola. Per dichiarare, ogni tanto, che gli alleati sono brutti e cattivi. E anche sessisti.