«Salutiamo la dichiarazione dell’Avana nell’aspetto che appoggia i negoziati di pace in Colombia: ci sembra straordinario che ad accompagnare il presidente Santos nel suo impegno per fare la pace con il popolo colombiano siano l’America latina e i Caraibi». Con queste parole, il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ribadito l’appoggio del suo governo alla dichiarazione del secondo vertice della Celac per una soluzione politica in Colombia. All’inizio del vertice, le Farc avevano chiesto alla Celac di proporsi come «forza determinante» nella ricerca di una soluzione politica «al più prolungato conflitto sociale e armato dell’emisfero». Da oltre un anno, Cuba ospita i negoziati tra il governo Santos e la guerriglia marxista. Sul tavolo, un’agenda in cinque punti i cui temi hanno intrecciato quelli in discussione nel vertice: questione agraria, governo delle risorse, assenza di spazi di agibilità politica per l’opposizione, interventi coloniali esterni… Cause alla base del cinquantennale conflitto in Colombia. Finito il vertice, le trattative all’Avana riprenderanno sul tema delle droghe illecite. La guerriglia chiede che la decisione passi alle organizzazioni contadine, ostaggio del business che definisce il campo tra coltivazioni legali e non legali in base degli interessi neoliberisti che lo alimentano e non ai bisogni di sopravvivenza delle popolazioni.
Anche in questo campo, i paesi socialisti che si ritrovano nell’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America (Alba), presenti alla Celac, hanno fatto sentire la propria voce, respingendo «ogni ingerenza straniera». La Celac auspica un continente libero da guerre, attacchi nucleari e colonialismo. Maduro ha sottolineato l’importanza del lavoro comune per farla finita con i territori in cui persistono «colonizzati»: da Porto Rico, che ha proposto di accogliere nella Celac, alle Malvinas pretese dalla Gran Bretagna, allo scandalo di Guantanamo.
Dichiarare il continente zona di pace significherebbe rifiutare la presenza di oltre un centinaio di basi militari Usa e le IV flotta, ripristinata per percorrere l’America latina nel luglio 2008. «Da quando la Bolivia si è liberata della presenza militare Usa le nostra forze armate stanno meglio di prima – ha detto durante un’intervista il presidente boliviano Evo Morales – Da quando abbiamo espulso il Fondo monetario internazionale, stiamo economicamente meglio di prima, da quando abbiamo espulso l’ambasciatore Usa stiamo meglio democraticamente, siamo più stabili». Quale sicurezza offrono gli Stati uniti nonostante tutti gli interventi della Nato, dei caschi azzurri, delle basi militari? – ha detto ancora Morales – «se per Barack Obama lo spionaggio serve per garantire la sicurezza mondiale, allora dico che per garantire la sicurezza nazionale non ci resta che spiare Obama».