Niente gita al Colle ieri, per Renzi. Ci andrà oggi, o più probabilmente domani, con la soluzione del rebus ministero delle Infrastrutture sicuramente in tasca ma quella del ministero di consolazione da assegnare all’Ncd quasi certamente no. Quella casella dovrà aspettare martedì prossimo: sempre che basti, perché al momento le trattative col partito di Alfano sono in altissimo mare.
Il ministro delle Infrastrutture sarà, come previsto e salvo sorprese, Graziano Delrio. Il rinvio della nomina attesa per ieri non si deve a dubbi sul suo nome ma alla speranza di poter chiudere l’intera partita con la nomina di un ministro per gli Affari regionali targato Ncd e a un po’ di tensione nell’alto comando renziano per la definizione del sottosegretario alla presidenza che sostituirà Delrio. Dovrebbe trattarsi di Antonella Manzione, capo del legislativo di palazzo Chigi, molto vicina alla Boschi. Non è un nome come tanti. Già l’idea di affidare al capo dei vigili di Firenze una postazione delicatissima come la guida del legislativo di palazzo Chigi era sembrata sin dall’inizio assurda, essendo il solo merito della stessa la fedeltà al capo. La “vigilessa”, inoltre, non disponeva dei titoli necessari per la carica. Renzi si affrettò a provvedere con una leggina ad personam di quelle che facevano scandalo quando a vararle era il sovrano di Arcore e chissà perché passano come niente fosse con il nuovo re.

Col tempo qualche altro dubbio sulla potentissima è sorto. Si dovettero infatti a lei e al fratello Domenico, nel 2010, la denuncia (sporta da Antonella) e l’ordine di arresto (firmato da Domenico) contro l’allora sindaco rampante di Marina di Pietrasanta Marino Mallegni, forzista, con ben 51 capi di imputazione. Il processo è poi finito con la piena assoluzione e con una sentenza della Cassazione che ha bollato come «illegittimo» l’arresto dell’ex sindaco. Sarà una coincidenza ma data da quel momento l’ascesa dei Manzione: lui sottosegretario agli Interni, prima con Letta (ma su indicazione di Renzi), poi col capo in persona, lei capo del legislativo e ora forse sottosegretaria alla presidenza del consiglio. Cose che capitano nel Paese trasparente del reuccio.
Qui tuttavia nulla dovrebbe complicare le cose per il decisionista di palazzo Chigi. Le cose sono meno facili per quanto riguarda il ministero degli Affari regionali. Due i punti di frizione: Renzi vuole una donna, e va da sé che si tratterebbe di una «renziana in pectore», Alfano insiste per Quagliariello o almeno per qualcuno che risponda a lui più che al premier. Ma soprattutto c’è in ballo la delega al Mezzogiorno, senza la quale quel ministero è una scatola vuota. Anzi una cassa vuota, perché è lì che si indirizzano i fondi europei.

I due nodi sono intrecciati tra loro perché, secondo alcune voci in circolazione ieri, l’inquilino di palazzo Chigi potrebbe lasciare al ministero la delega al Mezzogiorno, limitandosi a decurtarne in parte i fondi europei, ma solo se la carica andasse alla ministra scelta dall’onnipotente. Quella che gli alfaniani definiscono in privato, «una velina».
L’Ncd ieri sera sembrava orientato, almeno ufficialmente, a indicare Dorina Bianchi. Dietro le quinte, però, gli stessi alti ufficiali dell’esercito alfaniano allo sbando, assicuravano che quella proposta andava presa «per una boutade». In effetti, nel caso di Dorina Bianchi non si dovrebbe parlare di «renziana in pectore» ma di renziana che più conclamata non si può.
E’ dunque facile che il pasticcio degli Affari regionali non si risolva prima di pasqua. Si tratta solo di un tassello nel quadro del dissesto complessivo dell’Ncd, certo. Non secondario però, perché Renzi sembra determinato ad affibbiare agli alleati l’ennesimo sganassone, e in un partito già oltre l’orlo della crisi di nervi un’ulteriore umiliazione potrebbe provocare l’esplosione.