Stefano Petrucciani, studioso consolidato del marxismo, della Scuola di Francoforte, dell’opera di Jürgen Habermas, ha curato una articolata nuova Storia del marxismo che ora viene pubblicata dall’editore Carocci in una edizione in tre ampi, ma insieme maneggevoli, volumi.
L’impresa è di tutto rispetto, perché dopo la Storia del marxismo della Einaudi pubblicata ormai quasi cinquant’anni fa, si prova a ripensare, in un modo articolato e non riducibile a una prospettiva uniforme, «una mappa delle molte avventure di pensiero – come scrive il curatore – che, a partire più o meno dal 1883, l’anno della morte di Marx, si sono dipanate prendendo le mosse dalla sua eredità intellettuale».
Il primo volume (Socialdemocrazia, revisionismo, rivoluzione. 1848-1945) è dedicato alla stagione più classica dei marxismi: alla configurazione che Engels ha consegnato dell’opera di Marx alla tradizione socialista, al dibattito tra ortodossia e revisionismo nella socialdemocrazia, alla prima discussione sul marxismo in Italia tra Labriola e Croce, alla specificità e originalità del marxismo di Gramsci rispetto a quello sovietico, all’austromarxismo e alla nesso tra filosofia e marxismo tra Seconda e Terza Internazionale (con saggi di Merker, Mustè, Carpi, Cesarale, Liguori e lo stesso Petrucciani).

Il secondo volume (Comunismo e teorie critiche nel secondo Novecento) si occupa delle elaborazioni della tradizione marxista che hanno avuto luogo soprattutto a partire dal secondo dopoguerra. Cristina Corradi ha curato le Forme teoriche del marxismo italiano (1945-79), Manlio Iofrida Marx in Francia, Petrucciani e Eleonora Piromalli La Scuola di Francoforte, Giorgio Cesarale Filosofia e marxismo nell’Europa della Guerra fredda, Guido Samarani, Marxismo e rivoluzione in Asia, José Paulo Netto Il marxismo in America Latina, Alex Callinicos Il marxismo anglosassone. Il terzo volume (Economia, politica, cultura: Marx oggi) comprende una serie di saggi che intendono trattare della ricchezza e della fecondità del pensiero di Marx ancora oggi, nella connessione contemporanea tra marxismo e scienze sociali, in una varietà che va dall’economia e dalle teorie della crisi al pensiero politico, dall’estetica all’antropologia, dal femminismo agli studi postcoloniali, dalle analisi della globalizzazione alle teorie del sistema-mondo.

L’evoluzione delle idee

In questo terzo volume Riccardo Bellofiore ha scritto su Capitale, teoria del valore e teoria della crisi, di nuovo e insieme Petrucciani, Piromalli, Cesarale su Teoria dello Stato e della democrazia, Giulio Azzolini su L’analisi dei sistemi-mondo, Luca Basso su Il marxismo nelle scienze umane: psicologia, psicoanalisi e antropologia, Cinzia Arruzza su Il genere del capitale: introduzione al femminismo marxista, Stefano Velotti su Estetica, arte, cultura nella riflessione marxista. In tale ampio contesto di temi e di autori non è chi non veda ovviamente la utilità e la bontà di quest’opera, che intende proporsi come una vera e propria Enciclopedia del marxismo nella dimensione sia storica, della genesi e della evoluzione delle idee, sia teoretico-scientifica quanto a capacità dei marxismi di aver proposto e di continuare a proporre una visione del mondo, dell’essere umano, della storia, della cultura, della politica indispensabile per orientarsi nella vita del più prossimo passato e dell’oggi.

Gli autori, messi all’opera, sono tutti studiosi di ottimo livello e di profonda competenza nelle aree di loro specifico interesse e la capacità di attenzione e di scelta mostrata in tal senso dal curatore ha contribuito a dare a tutti i tre volumi un carattere didatticamente efficace e, nello stesso tempo, uno stile di facile lettura. Per queste caratteristiche questa Storia del marxismo merita di essere collocata non solo nelle biblioteche specializzate ma anche e soprattutto nelle biblioteche dei licei come ottimo strumento di introduzione e di divulgazione su temi e problemi fondamentali della modernità. Anche perché la ovvia diversità delle prospettive interpretative assunte dai diversi autori si ricompone ad unità nella comune distanza da qualsiasi atteggiamento di valorizzazione dogmatica ed arcaica della tradizione marxista.

L’altro Novecento

È ovvio, del resto, che anche questa Storia non può né vuole essere completa. Ci sono delle mancanze significative, soprattutto nella rassegna dei marxismi più up to date, più contemporanei e di attualità. Ma non si può pretendere esaustività da un’opera che copre uno spazio temporale e una tematica così ampia. Per altro anche da questo lato lo hegeliano Spirito del tempo ci aiuta. Perché non si può non citare, per chiunque volesse integrare e approfondire la lettura di questa Storia del marxismo, l’opera, di pari impegno, anche se di diversa impostazione, intrapresa dallo storico Pier Paolo Poggio, direttore della Fondazione Micheletti, con la pubblicazione di cinque poderosi volumi, assai utili per la profondità dei saggi proposti, su L’Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico: di cui sono usciti finora tre tomi, passati quasi del tutto sotto silenzio mediatico, presso la casa editrice Jaca Book.

La lettura integrata di queste due opere collettive può ben valere, io credo, al ritorno a una discussione in una prospettiva di che non si vergogni di utilizzare categorie come «totalità», «globalizzazione», «sistemi»: e a trattare della privatezza dell’esistenziale e del personale in un dialogo con lo studio della sistematica economica e sociale della nostra realtà: che non è postmoderna quanto invece ipermoderna. È lo Spirito del nostro tempo, con l’egemonia cioè e con la diffusione incontrastata dell’economia del capitale sull’intero globo, che ci obbliga a tornare a pensare secondo le categorie dell’universale Astratto e della monocultura. Che ci insegna quanto il tempo del postmodernismo sia ormai concluso, insieme alla retorica esaltata, che l’ha caratterizzato, del frammento, dell’ermeneutica, della risoluzione di ogni realtà in linguaggio, della decostruzione di ogni assetto complessivo di senso. Che ci dice quanto ormai sia esaurito il tempo dell’heideggerismo, sepolto alla fine dal suo medesimo antisemitismo, rivelatosi alla fine consustanziale – e non accidentale – a una filosofia, apparentemente irenica, ma sostanzialmente decisionistica e autoritaria come quella heideggeriana. Dato che, come ha ben argomentato ultimamente Francesco Fistetti, per la filosofia del «pastore dell’Essere» l’ebreo è l’apice stesso dell’essenza della «tecnica».

Cambio di prospettiva

Ci dice, insomma, lo spirito del tempo, che tutte le filosofie e gli orientamenti culturali che hanno preso alimento dalla differenza ontologica tra Essere ed Esserci hanno fatto riferimento a un pensiero, in ultima istanza, conservatore ed arcaico che poneva molto del suo sforzo più a ipostatizzare parole, come insegnava il vecchio e nobile maestro Guido Calogero, – e con ciò a creare miti ed illusioni che scambiano parole con realtà – anziché pensare e studiare la realtà medesima.

Il totalitarismo dell’universale capitalistico insomma ci dice che è ora di tornare a pensare le differenze reali che attraversano e strutturano l’essere umano: quella, orizzontale e sociale, delle differenze di classe, e quella, verticale, della differenza (auspicabilmente nell’integrazione) tra corpo emozionale e mente logico-discorsiva. La Storia del marxismo diretta da Petrucciani può aiutarci a pensare insomma che il paradigma linguistico che ha preteso risolvere ogni realtà in linguaggio, e in cui si sono comunemente riconosciuti analitici e continentali, si sia ormai estenuato e che si possa ritornare a pensare il presente – al di là di tutte le rotture e apocalissi che l’operaismo e il postoperaismo marxista ci hanno propinato in varie salse durante questo trentennio – secondo il rigore della continuità nel divenire del passato e del futuro.