Quando Sandro Teti decise di raccogliere il testimone di suo padre Nicola, scomparso nel 2010, tentando il rilancio del Calendario del Popolo, prestigiosa rivista comunista nata nel 1945 con l’obiettivo di alfabetizzare la base popolare del Pci, l’impresa sembrava impossibile. Bisognava rinnovare nel profondo il progetto iniziale di Giulio Trevisani, primo direttore. Tredici numeri di una nuova serie come trimestrale iniziata già nel dicembre 2010 sono invece la dimostrazione che la rivista ha ritrovato un suo spazio e può guardare al futuro con grafica accattivante, collaboratori vecchi e nuovi oltre ad argomenti tematici di attualità. Funziona tra l’altro la struttura editoriale data a ogni singolo numero: dossier centrale dedicato al tema scelto, accompagnato da rubriche e altri articoli che completano l’indice insieme a qualche saggio ripreso da un invidiabile e sterminato archivio.

Nel numero 762 la monografia ha come titolo «Nuovi italiani». Si approfondiscono parole chiave come frontiere, intercultura, scuola, diritti, cittadinanza con più punti di vista partendo dalla constatazione che ormai siamo di fronte a generazioni di nuovi italiani nati da genitori approdati nel Bel paese in cerca di fortuna e di miglioramento della propria condizione di vita materiale. Cécile Kyenge, ex-ministro per l’Integrazione, nell’editoriale che apre il dossier, affronta le varie sfaccettature della questione migratoria cercando di mettere al centro la persona immigrata senza particolari distinzioni.

Gabriella Pierre Louis ragiona sulle società meticce del nostro tempo partendo da alcune constatazioni: l’elezione lo scorso novembre di Bill de Blasio, figlio dell’emigrazione italiana, a sindaco di New York dopo quella del «nero» Barack Obama a inquilino della Casa Bianca per due mandati; l’elezione di papa Francesco sul soglio di Pietro, anche lui figlio di emigranti italiani; la presenza di Kyenge nel governo Letta. Tutto questo dovrebbe parlare al nostro immaginario più di cento analisi sociologiche su cosa sono diventate le società del presente e del futuro. Martino Pillitteri racconta l’esperienza di Vita, mensile del non profit, quando si è deciso nel 2007 di dare uno spazio alla scrittura dei ragazzi di seconda generazione migratoria. Dal 2011 c’è perfino una versione online di Yalla Italia (www.yallaitalia.it) che illustra le aspettative di chi nato in Italia vorrebbe sentirsi cittadino italiano a tutti gli effetti pur mantenendo molti tratti delle proprie origini identitarie. Fred Kuwornu, nato a Bologna, figlio di un chirurgo ghanese giunto in Italia e di una casalinga tosco-emiliana di origini ebraiche, racconta come da alcuni anni abbia intrapreso una ricerca per dimostrare come sarebbe utile anche in Italia una legislazione ispirata allo ius soli.

Sono molte le voci narranti di questo numero del Calendario. Da qui l’efficacia dei diversi approcci. Arbë Agalliu pone il tema della scuola, che dovrebbe essere luogo principe di integrazione per i migranti più giovani ed è invece territorio privo di politiche specifiche per favorire la interculturalità. Uguale questione è affrontata da Simonetta Salacone.

L’Italia, dove gli immigrati non raggiungono il 10% dell’intera popolazione, a differenza di ciò che accade in Germania o Svezia, resta smarrita di fronte al fenomeno immigratorio che ha ormai almeno un ventennio e non può più essere interpretato con l’eterna categoria dell’emergenza. Valentina Brinis e Luigi Manconi, ad esempio, scrivono: «L’attuale legge che regola la cittadinanza è assolutamente da riformare perché, così com’è, non corrisponde alla reale composizione della società italiana in cui il numero di persone nate qui da genitori stranieri, è ormai consistente». Maria Immacolata Macioti si sofferma sulla «migrazione al femminile». Jacopo Storni lancia un motivato grido d’allarme su come funzionano i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) nati nel 1998 sulla scia della legge sull’immigrazione che recava le firme di Giorgio Napolitano e Livia Turco, chiamati all’inizio Centri di permanenza temporanei. Di diritto d’asilo, in particolare in rapporto alle relazioni con la Libia, si occupa Fulvio Vassallo Paleologo. Degli esperimenti di integrazione in corso in Calabria scrive Vito Teti.

Completano il dossier del Calendario due interviste: a Moni Ovadia e a Luca Artesi, managing director di Babel, il canale televisivo dedicato ai migranti che trasmette dalla posizione numero 136 della piattaforma di Sky. Non mancano riferimenti alla necessità di superare la legge Bossi-Fini del 2002, agli episodi che si sono verificati a Lampedusa (le centinaia di morti per mancato soccorso) e nei Centri di identificazione ed espulsione (le bocche cucite con il filo da sutura). Annota Ovadia: «Quelle immagini faranno la stessa impressione che fanno oggi le foto dei lager». Citazione a parte meritano infine le belle foto di Andrada Pedrescu che illustrano questa rivista avviata a nuove fortune editoriali (www.calendariodelpopolo.it).