Un Vaffa-day nella fabbrica che Di Maio ha trionfalmente visitato per una vertenza – quella di Industria Italiana Autobus (Iia) – che da ministro non ha ancora risolto. I 154 lavoratori della ex Breda Menarini di Bologna – storica fabbrica che sfornava bus – oggi saranno in sciopero perché non hanno ancora visto lo stipendio di ottobre e da anni vanno avanti senza certezze.

L’IDEA DI CHIAMARE l’assemblea pubblica che si terrà questa mattina «Vaffa day» è venuta al segretario della Fiom dell’Emilia Romagna (ed ex dipendente Breda Menarini) Bruno Papignani. Il 23 giugno c’era lui a far da cicerone al leader M5s che visitava il presidio di operai. Le critiche al sindacato arrivarono subito: «Siete diventati tutti grillini», era l’accusa. A quattro mesi di distanza tutto sembra cambiato. «C’è frustrazione per una situazione che va avanti da mesi con la promessa di una ricapitalizzazione che non si concretizza mai. Avevamo apprezzato il linguaggio insolito e gli impegni del ministro ma da un mese siamo bloccati e la pazienza è finita», spiega Papignani.

A SCIOPERARE SARANNO anche i 390 operai di Valle Ufita (Avellino), dello stabilimento ex Irisbus chiuso dalla Fiat nel 2011, che a dicembre rischiano di dare addio anche alla cassa integrazione. Dal 2013 loro e Bologna fanno parte di Industria Italiana Autobus, creatura partorita dal manager Stefano Del Rosso e da Invitalia – la costola del ministero dello sviluppo che dovrebbe rilanciare le aziende – ma da subito rivelatasi non in grado di mantenere le promesse. Dopo anni di ammortizzatori sociali e produzione che rimane in Turchia (la Karsan detiene il 5 per cento delle azioni), appena insediatosi, Di Maio aveva imposto la svolta. Prima la ricapitalizzazione e a ottobre l’annuncio che sarebbe stata Fs – tramite la controllata Bus Italia – a comprarsi Iia per rilanciarla.
Il 4 novembre al Mise era arrivato il via libera perfino da Leonardo. L’ex Finmeccanica era proprietaria di Breda Menarini, poi l’epoca Moretti aveva portato al solo settore difesa come core business con la vendita di tutte le aziende del settore civile. Il governo gialloverde aveva convinto Profumo a fare marcia indietro e rientrare nella produzione di autobus.
Ma le settimane passano e l’ulteriore tavolo al Mise di martedì non ha portato alcuna novità. Del Rosso da tempo ha pronta la richiesta di fallimento e la consegna dei libri in tribunale per la sua Iia. Il «ricatto» è semplice: Del Rosso rivuole i soldi che ha buttato in questi anni, diversamente farà fallire l’azienda o magari la venderà ai turchi di Karsan: la dead line è fissata per il 21 novembre quando si terrà la nuova assemblea degli azionisti di Industria Italiana Autobus.

PER QUESTO IL FATTORE TEMPO è decisivo. Martedì rispondendo all’interrogazione urgente di Vasco Errani (Leu), il sottosegretario Davide Cioffi (M5s) ha annunciato un investimento massiccio per nuovo parco mezzi del trasporto pubblico nazionale. Settecento milioni dal 2019 al 2022 e altri 250 milioni nei dieci anni successivi e l’ingresso di Bus Italia e Leonardo per ricapitalizzare Iia.

Ma i lavoratori non si sono affatto tranquillizzati, confermando lo sciopero di oggi. Le loro richieste sono semplici: «Per prima cosa lo sblocco del pagamento degli stipendi, poi l’ingresso immediato nel capitale di Bus Italia e Leonardo perché diversamente c’è il fallimento o il rischio che il primo che ricapitalizza si prende tutto, mentre per ripartire con la produzione servono almeno sei mesi», spiega Papignani.