Sul debito è costruita la narrazione della paura collettiva, le politiche di tagli e austerità, l’espropriazione finanziaria dei beni comuni, la precarizzazione della vita e del lavoro. Per Marco Bersani, già fondatore di Attac Italia e del comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi, la «truffa del debito» è il cuore della politica dei dominanti, oggi considerata inevitabile come l’Ananke, il destino degli antichi greci. In un libro agile ed efficace come Dacci il nostro debito quotidiano (DeriveApprodi, pp.172, euro 12), Bersani smonta la retorica del «non c’è alternativa» e prospetta un orizzonte opposto: «Di fronte a chi vuole disciplinate il futuro con il debito – scrive – si tratta di riaprire l’orizzonte delle possibilità».

IL PRIMO PASSO per decostruire l’ideologia del debito consiste nel dimostrare che il debito delle banche private è stato trasformato in debito pubblico degli Stati che, a loro volta, lo hanno scaricato sui cittadini. Questo è accaduto in particolare con la crisi dal 2008 a oggi, di cui Bersani ricostruisce genesi e dettagli. Se ora il debito dev’essere pagato da chi non lo ha contratto, allora che i cittadini si approprino degli strumenti finanziari e politici che permettono di conoscerlo e decidere cosa farne. Lo strumento si chiama audit popolare sul debito, un primo esperimento è stato fatto dal movimento «Decide Roma» sul gigantesco debito che soffoca la Capitale.

Inizialmente persino un sindaco come Virginia Raggi del Movimento 5 Stelle aveva promesso di farne uno. Intento prontamente rimosso da un’agenda che prosegue incerta nella mediocrità quotidiana. Bersani è uno dei suoi sostenitori più competenti e lo consiglia caldamente a quella sinistra «per i molti, e non per i pochi» che intende condurre battaglia contro l’austerità.

Bersani scala la montagna del debito pubblico italiano e ne ricostruisce con puntiglio l’origine e le finalità. All’origine c’è la separazione tra il Tesoro e la Banca d’Italia nel 1981, a valle c’è la rovinosa trattativa condotta da Renzi con l’Unione Europea sulle banche fallite (da Mps a Banca Etruria a quelle venete). In mezzo ci sono i famigerati parametri di Maastricht: «Stracciarli è la condizione necessaria perché si riapra un processo costituente che dal basso con la democrazia partecipativa definisca una nuova dimensione politica europea – scrive Bersani – 25 anni di deriva liberista sono più che sufficienti». Bersani è favorevole all’annullamento del debito e alla tassazione sui grandi patrimoni.

IL RITORNO alla «finanza pubblica» si impone per ristabilire una progressività fiscale e aumentare le entrate dello Stato. Come, poi, debbano essere gestite tali risorse è un problema politico non certo secondario in un paese come l’Italia. «Non propongo una burocratica e inefficace nazionalizzazione, ma un processo di riappropriazione sociale della ricchezza prodotta» scrive. Bersani propone di partire da una mossa molto concreta: la socializzazione della Cassa Depositi e Prestiti, «un fondo sovrano con finalità privatistiche che sostiene politiche liberiste di spoliazione di beni e servizi con i risparmi postali di 24 milioni di italiani». In un programma di organizzazione del «comune», insieme all’audit e all’annullamento del debito, questa ri-socializzazione di Cdp potrebbe essere il fulcro di una strategia di investimenti che favoriscano l’autogoverno dei territori e dei beni comuni. «I percorsi di autogoverno dal basso contrastano ogni privatizzazione e superano le difficoltà del pubblico» conclude Bersani.

Visto che di realismo centrista stiamo morendo, è bene provare nuove strade, anche quelle più utopiche che anticipano il futuro.