Dalla casa di via degli Annibaldi, nel rione Monti con vista Colosseo, alla cella di massima sicurezza di Regina Coeli, rione Trastevere con vista Gianicolo, ci sono solo poche miglia. Ma la carriera politica di Claudio Scajola, ex ministro degli Interni e dello Sviluppo economico, tra i fondatori di Forza Italia, viaggia plasticamente lungo questo tragitto.

Da poco miracolato da una sentenza della Cassazione, che lo aveva assolto con formula piena per la nota vicenda della casa romana, l’ex ministro è ora detenuto nel vecchio carcere romano con l’accusa di favoreggiamento. Avrebbe aiutato l’ex parlamentare ed armatore, Amedeo Matacena, a sottrarsi alla cattura per l’esecuzione pena, dopo la condanna in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.

L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto nasce da un filone dell’operazione Breakfast che scoperchiò il pentolone di fondi neri della Lega Nord, gestiti dal controverso faccendiere calabrese Bruno Mafrici. E’ proprio grazie agli accertamenti tecnici disposti in quella sede che sarebbero emersi i rapporti fra l’ex ministro e la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, che a Scajola avrebbe chiesto aiuto per far fuggire in Libano il marito braccato dalla sentenza passata in giudicato. Per questo, insieme a Scajola, Matacena e Rizzo, colpiti da provvedimento restrittivo, sono state arrestate la suocera di Matacena, Raffaella De Carolis e altre tre persone, Martino Politi, Antonio Chillemi e la segretaria di Scajola, Roberta Sacco.

Per gli inquirenti, attraverso la loro interposizione, avrebbero aiutato Matacena a occultare la reale titolarità e disponibilità dei suoi beni, nonché favorito la latitanza all’estero di quest’ultimo. «Amedeo Matacena godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto», ha detto il procuratore capo di Reggio Cafiero de Raho. Un mosaico con tante pedine, una trama internazionale intessuta da faccendieri, armatori, politici e broker. Una vera e propria organizzazione segreta collegata alla ‘ndrangheta «da rapporto di interazione biunivoca al fine di estendere le potenzialità operative del sodalizio di tipo mafioso in campo nazionale ed internazionale» scrivono i magistrati. L’ipotesi di reato – stando al capo A dell’ordinanza – è sintetizzabile in associazione a delinquere e concorso esterno in associazione mafiosa, ma non si limita agli otto soggetti colpiti da custodia cautelare. Assieme a loro c’è anche Vincenzo Speziali jr, nipote dell’ex senatore omonimo del Pdl e intimo amico di Scajola, a capo per anni dell’aeroporto internazionale di Lamezia Terme, ma soprattutto in rapporti stretti con l’ex presidente libanese Amin Gemayel (dal 1982 al 1988 e di nuovo in corsa per le presidenziali del suo Paese) di cui ha sposato una nipote. Una struttura parallela, dunque, clandestina e pienamente operativa, legata alla ‘ndrangheta da un rapporto ombelicale, in grado di sviluppare relazioni di alto livello.

È per questo motivo che, stando all’ipotesi accusatoria ancora oggetto di indagine, l’ex ministro e gli altri indagati «ponevano in essere, consentivano o, comunque, agevolavano condotte delittuose diversificate, dirette ad interferire su funzioni sovrane quali la potestà di concedere l’estradizione e finalizzate a proteggere la perdurante latitanza di Matacena». E lui, l’armatore, doveva restare pienamente in campo per volere, necessità e decisione dell’intera organizzazione, «interessata a mantenere inalterata la piena operatività del Matacena e la sua galassia imprenditoriale, costituita da molteplici società ed aziende, utilizzata per schermare la vera natura delle relazioni politiche, istituzionali ed imprenditoriali garantite a livello regionale, nazionale ed internazionale».

Un progetto articolato, figlio di una «struttura criminale (connotata da segretezza) a carattere permanente». Un progetto dall’obiettivo chiaro: proteggere economicamente uno dei più potenti e influenti concorrenti esterni della ‘ndrangheta reggina, visto il rilevantissimo ruolo politico ed imprenditoriale di Matacena. «E per questa via, agevolare il complesso sistema criminale, politico ed economico, riferibile alla ‘ndrangheta reggina».
«Non so per quali motivi sia stato arrestato, me ne spiaccio e ne sono addolorato», è stato il freddo commento di Silvio Berlusconi sull’arresto del suo ex fedelissimo aggiungendo che Scajola non è stato candidato in lista per le europee, ndr) non perché si avesse sentore di un arresto ma perché «avevamo commissionato un sondaggio su di lui che ci diceva che avremmo perso globalmente voti se lo avessimo candidato».