Internazionale

Il tribunale delle poetesse

Il tribunale  delle poetesse

Corea del Sud Ogni anno, in quei giorni impastati di scommesse che precedono l’annuncio del Nobel per la letteratura, in Corea del Sud risuona un nome solo: Ko Un. È il poeta nazionale […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 29 maggio 2018

Ogni anno, in quei giorni impastati di scommesse che precedono l’annuncio del Nobel per la letteratura, in Corea del Sud risuona un nome solo: Ko Un.

È il poeta nazionale e ci si infiamma perché sia lui a vincere, a scortare la penisola fino all’Accademia di Svezia. I suoi versi piacquero tanto pure a Allen Ginsberg, che lo conobbe a una lettura di poesia e che lo ritrasse così: «Monaco mendicante, poi redattore capo di un giornale buddista, poi preside di una scuola gratuita per i poveri, poi scrittore prolifico e alcolizzato, poi aspirante suicida, poi nazionalista ribelle e prigioniero politico, poi a cinquant’anni marito e padre». E poi oggi, a ottant’anni e più, eccolo trasformato ancora: stavolta in satiro pervertito, molestatore di acerbe poetesse.

Poetesse che inermi non lo sono più, perché il #MeToo è arrivato anche in Corea del Sud ed è impetuoso, enormemente più potente qui che nel resto del sud-est asiatico. Così, dopo anni di molestie patite a collo flesso e labbra sigillate, ecco che le vittime iniziano a denunciare, contagiandosi di giustizia retroattiva. E l’accusato più ingombrante è proprio lui: Ko Un, l’orgoglio letterario nazionale.

È una poesia a innescare lo scandalo. La bestia, si intitola, e l’autrice è Choi Young-mi, che lo scorso dicembre ha deciso di squarciare la crosta di silenzio scrivendo versi dove compare in primo piano la sua camicetta di seta, tutta strapazzata dalle mani ingorde di un poeta canuto, bizzoso e potente: Ko Un appunto.

Gli effetti di questo malum carmen, di questa poesia diffamatoria, sono dirompenti e una dopo l’altra ecco altre denunce subito pronte ad attivarsi, tutte a lamentare i misfatti dell’eterno candidato al Nobel, e insieme a lui le gerarchie corrotte delle riviste letterarie e il marciume dell’editoria. Ko Un finisce così sotto un fuoco di sguardi attoniti, oltraggiati. Intanto la giustizia poetica, una volta aizzata, non si ferma. Rifiutandosi di scindere l’etica dall’opera, questa giustizia sta ora chiudendo mostre dedicate a Ko Un e sta raschiando via le sue poesie dalle antologie scolastiche. La biblioteca Manimbo è stata già rimossa, foderata da lenzuola bianche che la coprono come un’escrescenza che fa vergogna. Racchiudeva tutti i manoscritti del progetto più solenne di Ko Un: la raccolta delle biografie di ciascuna delle persone da lui incontrate in vita, che avrebbe voluto eternare con la scrittura.

Sembra che le scorribande ormonali del poeta fossero arcinote negli ambienti letterari, eppure lui nega ostinato tutte le accuse. «Non ho fatto nulla di riprovevole», dice finalmente, dopo mesi di silenzio sulla faccenda (quando le denunce cominciano a proliferare era in ospedale: gli stavano asportando un tumore. Sua moglie intanto sveniva, ripetutamente).
«In Corea avrei semplicemente aspettato il passare del tempo per portare alla luce la verità e appianare la controversia. Ma ai miei amici stranieri, che non hanno a disposizione fatti e contesto, devo dire che non ho fatto nulla che possa gettare vergogna su mia moglie o su di me. Al momento tutto quello che posso dire è che credo che la mia scrittura continuerà, e che il mio onore come persona e come poeta sarà immutato».

Ma lo sarà, lo sarà davvero? Le misure drastiche prese finora lasciano pensare il contrario, come se cancellare l’eredità di Ko Un sia diventato necessario, un modo simbolico, tonante, per porre fine all’esercizio del dominio maschile sulla società coreana. Un sacrificio, insomma.

Un sacrificio in cui il desiderio nazionale di essere rappresentati globalmente, attraverso un poeta aureolato di Nobel, viene fagocitato da un altro globalismo: quello del #MeToo, del forsennato intransigente giustiziere #MeToo.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento