Contestati, insabbiati, tollerati, alcuni dei più evidenti disastri provocati da due leggi pessime – l’attuale legge elettorale e quella che (tra pochi giorni saranno vent’anni) consente l’elezione degli italiani all’estero – sono arrivati alla discussione dell’aula del senato. Ci sono arrivati ieri, quando ormai la legislatura volge al termine.

Quattro casi, ognuno risolto in maniera diversa in base a criteri che hanno poco a che fare con il rispetto delle regole e molto con la prevalenza del voto di maggioranza. Evidenziando così un altro e più grande problema: il potere delle camere di verificare «in casa» la regolarità delle elezioni, decidendo secondo le convenienze e le prevalenze partitiche.

Nel primo caso l’aula del senato ha stoppato la decisione della giunta per le elezioni, che proponeva di non convalidare (dopo tre anni e otto mesi) l’elezione del senatore Carbone, ex Forza Italia passato con Renzi, e di assegnare il seggio a Lotito (proprio il presidente della Lazio). In realtà quel seggio proporzionale della Campania è rivendicato da un terzo candidato, De Cristofaro di Leu. A lui lo aveva assegnato il comitato di revisione nominato in seno alla giunta, al termine di una complessa procedura in cui Carbone e Lotito si sono fatti difendere da illustri costituzionalisti (Marini e Luciani). Solo che la giunta del senato dopo la trasmigrazione di alcuni 5 Stelle alla Lega è diventata terreno di caccia del centrodestra che controllo un’ampia maggioranza e il presidente che è Gasparri. Così la relazione del comitato è stata respinta e la giunta ha proposto all’aula di incoronare Lotito. Ma l’aula a scrutinio segreto a deciso di rimandare gli atti alla giunta perché si facciano ulteriori verifiche, magari sulla strana sorte di alcune schede elettorali che si dovevano controllare: sono state distrutte per errore. In precedenza un altro voto aveva respinto la sospensiva, ma lo scrutinio palese aveva evidenziato il voto pro Lotito (e contro il renziano) di un terzo abbondante dei senatori Pd presenti.

Nel secondo caso l’elezione di una senatrice di Forza Italia, Minuto, è stata annullata per fare posto a un altro senatore forzista, Boccardi, eletto con resti maggiori ma spostando così il seggio dal collegio plurinominale Puglia 1 a quello Puglia 2. Si può fare, la motivazione, perché si resta all’interno della regione. Argomento che però è stato immediatamente violato, e con esso il principio costituzionale per il quale il senato è eletto a base regionale, quando si è trattato di assegnare a una leghista in Calabria (Miniasi) il seggio lasciato dal defunto senatore leghista Saviane, in Veneto. Una «traslazione» della rappresentanza che, si è detto, ha il precedente del seggio assegnato in Umbria ai 5 Stelle che avevano esaurito gli eletti in Sicilia. È il pasticcio delle liste «eccedentarie» e «deficitarie», esploso con il Rosatellum, solo che in questo caso il seggio dei leghisti avrebbe potuto restare in Veneto andando a una lista con loro coalizzata. Una lite in aula tra Fratelli d’Italia e Salvini ha infatti accompagnato il voto, che ha consegnato la vittoria ai leghisti sugli alleati e ai calabresi sui veneti.

Infine il caso Cario, il senatore che arriva dal Sud America sulla cui elezione indaga la procura di Roma. Tre perizie calligrafiche hanno trovato che il nome del senatore è stato scritto dalle stesse mani su una percentuale tra il 98 e il 100 per cento delle schede campionate. La giunta ha proposto comunque di salvarlo. Il Pd ha messo in votazione due ordini del giorno per la decadenza. Il primo è stato bocciato. Il secondo quasi identico un attimo dopo è stato approvato. Polemiche, ma Cario è decaduto. Solo che il Pd non ha ottenuto la convalida immediata del suo candidato, primo dei non eletti in Sud America, perché il caso torna in giunta. Gasparri ha detto che ci penserà.