Due libri di psicoanalisti si interrogano sul tradimento: “La Potente” di Paola Camassa e “Non è più come prima” di Massimo Recalcati. Il primo è un romanzo di grande eleganza e tensione narrativa; il secondo è un bel saggio sul tradimento e sul perdono nella vita amorosa che si conclude con un breve ma intenso racconto.

Tradire è l’atto costitutivo della nostra libertà ed è strettamente intrecciato con la perdita. La rinuncia alla madre vissuta come protesi onnipotente di sé non è solo il momento critico della necessaria separazione da lei: è anche un reciproco tradimento fortemente voluto che consente alla madre di ritrovare il suo posto di donna nella vita e al figlio di affermare la propria differenza da lei, la propria distinta esistenza. Questo tradimento che fonda la presenza dell’altro come oggetto separato da sé e l’amore stesso come riparazione della perdita, è strettamente legato al riconoscimento del fatto che nessuna relazione erotica può essere satura e autosufficiente. L’altro non esiste senza un altro ulteriore che lo definisce e lo trascende e ciò crea una concatenazione potenziale di oggetti amati infiniti il cui inseguimento farebbe del tradimento una regola assoluta. L’amore ha due nemici che si sostengono a vicenda: il legame ideale, la pretesa di tornare nel prima della relazione amorosa (nell’illusione di un’appropriazione narcisistica del mondo), e la promiscuità, la sostituibilità disinvolta degli oggetti amati. L’amore trova il suo senso nell’esclusività del suo oggetto che non è una condizione a priori ma il prodotto di una scelta di relazione che se da una parte trae dal confronto con gli altri potenziali oggetti l’ispirazione di un suo costante rinnovamento, dall’altra realizza attraverso la propria autolimitazione, che evita la dispersione, il massimo del coinvolgimento.

Amare è libertà, e questo implica l’infedeltà, ma anche ricerca della profondità che richiede un’intesa che esclude il tradimento. Legarsi e liberarsi è il destino degli amanti che convivono con la perdita e aggiornano di continuo il loro accordo. Il lutto è loro congeniale perché se, come giustamente Recalcati osserva, l’amore non è la ricerca frenetica del nuovo, è vero anche che la riproposizione del medesimo lo svuota. Amare l’altro ancora e ancora, nel modo di sempre, richiede anche la capacità di accettare di perderlo per ritrovarlo in forme inconsuete, scoperte per la prima volta. Il lutto che fa parte del discorso amoroso consente di mantenere una costante tensione tra la conservazione nostalgica dentro di sé dell’altro come identico a se stesso e l’esigenza di vederlo trasformarsi nella sua esistenza esterna secondo declinazioni nuove che non saturano il desiderio nei suoi confronti. L’amore vive finché questa tensione tra l’identico e il nuovo (che rinnova la percezione del passato e rende riconoscibile il futuro) si mantiene viva.

Il tradimento può essere parte del lutto amoroso (l’ultimo appello a rinnovare un legame che ha perso la sua tensione tra intesa e libertà, tra consuetudine e rinnovamento) o del lutto che segnala la fine dell’amore. Il perdono – come dono rinnovato di sé – ha un senso solo nel primo caso. Perdoniamo chi ci ha tradito se continuiamo ad amarlo e ci è possibile riconquistarlo: perché lo ritroviamo vivo dentro di noi e ancora disponibile ad amarci nell’inalienabile esteriorità del suo desiderio. A seguire con attenzione il libro della Camassa, non si tratterebbe in realtà di perdono ma di capacità di ritrovamento del traditore e del tradito in quelle comuni ragioni d’amore che hanno determinato il tradimento.