Il presidente filippino Rodrigo Duterte è finito su tutti i media mondiali in seguito alle sue sconsiderate dichiarazioni (non è la prima volta, dato che aveva già pesantemente insultato Obama, salvo poi chiedere scusa) nelle quali si è paragonato ad Adolf Hitler esprimendo il desiderio di «uccidere tre milioni di tossicodipendenti» per «porre termine al problema» nel paese.

Al di là delle considerazioni su una leadership ancora tutta da comprendere, dato anche lo straordinario seguito che sembra avere nel suo paese, Duterte pare avere le idee piuttosto chiare in tema di politica estera, rappresentando al momento un elemento imprevedibile nel complicato scacchiere politico del Pacifico.

Le Filippine sono alleate agli Stati uniti e di recente proprio un contenzioso di Manila con Pechino ha portato a una importante sentenza della corte internazionale dell’Aja sulle isole contese da Filippine e Cina. Ma Duterte ha anche annunciato un importante viaggio proprio a Pechino (dal 19 al 21 ottobre, in quanto intenzionato a rivedere il sistema di alleanze nell’area. Pechino si è detta ben lieta di capire le possibii relazioni economiche, commerciale e chissà, in futuro, anche quelle militari. Washington è avvisata.