Il grande musicista russo Dmitrij Sostakovic aveva una passione sfrenata per il calcio, appuntava risultati, impressioni, gli autori dei gol, tutto su un quaderno, tenuto aggiornato fino al 1975, anno della sua morte. Il giorno prima della sua scomparsa, in ospedale per la poliomielite e un tumore ai polmoni, non mancò di vedersi in tv una partita. Allo stadio di Leningrado, aveva ben due abbonamenti, perché seguiva sia le partite dello Zenit sia quelle della Dinamo, la squadra del ministero degli Interni, che faceva capo al famigerato Berija, l’esecutore materiale delle purghe staliniane. Dal 1937 votò il suo animo alla Dinamo, Sostakovic era amico personale di alcuni giocatori, tra i quali Valentin Federov, il capitano della Dinamo. Il musicista spesso scendeva negli spogliatoi per complimentarsi con i giocatori, a loro faceva avere i biglietti per i suoi concerti. Il compositore russo aveva una grande competenza tecnica e la cognizione del livello di potenza delle squadre in campo, derivatagli dalla lettura di Sovietskij Sport e di Futbol Chokkej cui era abbonato. Intratteneva fitte corrispondenze con amici lontani da Leningrado, ai quali riferiva delle partite che vedeva e voleva essere informato degli esiti di quelle seguite da loro, sosteneva che le corrispondenze dovevano essere scritte a caldo, al massimo dopo un giorno, altrimenti le emozioni scemavano. Quando era in tournè non mancava di scrivere agli amici perché gli procurassero i biglietti delle partite per il suo ritorno a Leningrado. Nel 1935, dopo una tournè in Turchia si iscrisse a un corso di arbitri, era orgoglioso di quel tesserino e in estate quando prendeva in affitto la dacia in Armenia, arbitrava con rigore partite di calcio. Sostakovic nei suoi articoli, che comparivano su Sovietkij Sport, associava il calcio alla danza e definiva il “futbol” il balletto delle masse. Dal 1935 in poi, forte degli introiti che gli derivarono dai diritti d’autore delle sue opere eseguite all’estero, in particolare Lady Macbeth, prese a seguire le due squadre di Leningrado anche in trasferta. Quando nel 1937 fu vittima della censura staliniana all’interno dell’Unione dei musicisti sovietici, che ne decretò l’isolamento, la cancellazione di qualsiasi sua opera dai teatri e il licenziamento dall’insegnamento al Conservatorio di Leningrado, con l’accusa di formalismo nella sua musica, che la rendeva incomprensibile al popolo, Sostakovic si buttò a capo fitto nel calcio, annotando in maniera ossessivo-compulsiva su un quaderno intitolato Campionato di Calcio dell’Unione Sovietica, formazioni, risultati, autori dei gol e capocannonieri, un modo anche per combattere la depressione nella quale era caduto. Allo stadio di Leningrado si recava spesso con il pittore e famoso illustratore di storie per bambini Vladimir Lebedev, arbitro di boxe, anch’egli vittima della censura staliniana. Quando per lavoro uno dei due non poteva essere presente allo stadio, l’altro si impegnava a stilare un dettagliato resoconto scritto sull’andamento e l’esito del match. Il musicista di San Pietroburgo, amava il calcio aperto, giocato a tutto campo, detestava i falli, allo stadio manteneva sempre un comportamento controllato e si limitava a fare commenti sottovoce, scambiando qualche battuta con i vicini, mentre i suoi amici Vladimir Lebedev e il compositore Isaak Glikman si lasciavano andare a movimenti scomposti, urla contro giocatori e arbitro. Di tutto questo e di molto altro tratta il bel libro scritto da Alessandro Curletto e Romano Lupo Sostakovic. Note sul calcio ( il melangolo, euro 12).

Dmitrij Sostakovic, dopo aver ammesso le sue “colpe” tornò alla ribalta mondiale con la Settima Sinfonia, eseguita dopo la prima a Kujbysev il 5 marzo 1942, e poi a Londra e a New York, quell’anno la rivista Time gli dedicò la copertina. In tempi di guerra, fu spesso utilizzato dalle autorità sovietiche per i concerti al fine di alleviare la tensione psicologica della popolazione, dopo l’invasione dell’Urss da parte dei nazifascisti, mentre Leningrado era accerchiata dalle truppe di Hitler e i suoi amici calciatori combattevano contro l’assedio durato novecento giorni. Alcuni giocatori morirono in quei giorni, altri sopravvissero e furono portati fuori Leningrado per disputare partite amichevoli e distrarre la popolazione dalla guerra. Il 27 agosto del 1944, Sostakovic assistette alla partita Dinamo Mosca- Zenit Leningrado, vinta dai moscoviti per 4 a 2, rammaricato che la squadra della sua città avesse preso due gol negli ultimi cinque minuti, dopo il 2 a 2. Nel 1952, alle olimpiadi di Stoccolma, dopo la sconfitta dell’Urss contro la Jugoslavia di Tito, appresa la notizia, di buon mattino insieme al suo amico Isaak Glikman si scolò una bottiglia di cognac per festeggiare la “giusta” punizione per quei dirigenti sovietici che avevano voluto la sua censura e decretato il licenziamento. Nel 1966, decise di assistere ai mondiali di calcio in Inghilterra, ma un infarto lo costrinse a un lungo ricovero in ospedale.