Ha numeri che spaventano l’ultimo scandalo che sta travolgendo l’Atac, la società municipalizzata del trasporto romano. Settanta milioni di euro all’anno di contabilità parallela, derivata dalla distribuzione massiccia di biglietti clonati, è la storia che ieri la Repubblica ha raccontato, basandosi su un rapporto della Guardia di finanza e su una fonte coperta. Non una storia in stile Totò truffa, con qualche stampatore abusivo chiuso in uno scantinato, ma un vero e proprio sistema parallelo, che ha sfruttato per 13 anni la mancanza di controllo sui biglietti obliterati, in grado di gestire un vero e proprio bilancio occulto.
La storia – se sarà confermata – si aggiunge alla parentopoli e all’inchiesta sulle tangenti per i bus della Breda, che ha coinvolto – secondo le indiscrezioni di un paio di settimane fa – anche l’ex sindaco Gianni Alemanno. Il nuovo caso Atac potrebbe surclassare in un solo colpo ogni caso precedente, scoperchiando il vaso di Pandora della politica romana. Quei 70 milioni annui al nero – da moltiplicare per almeno dieci anni – che arrivavano dalla colossale opera di falsificazione dei biglietti da qualche parte sono finiti. Una cifra gigantesca, pari al buco delle casse del Comune di Roma, da anni sull’orlo del dissesto. «Servivano per pagare la politica», ha raccontato un dipendente dall’azienda. E non solo la politica locale, ha spiegato. Una cifra pesante per politici di peso.
Il sospetto più che fondato è che il sistema di clonazione avvenisse grazie alla complicità interna ad alti livelli. La gestione dei biglietti dell’Atac si basa su un riscontro puntuale tra titoli venduti e obliterati. Funziona così: una volta stampato regolarmente un biglietto, il numero di serie è inserito in una White list. Quando il viaggiatore lo passa nell’obliteratrice, la macchina verifica che quel determinato numero progressivo sia legittimo e, nel contempo, lo memorizza. Una volta usato, il biglietto entra nella Black list, in maniera tale da impedirne il riutilizzo. Il sistema – gestito in un bunker super protetto dell’Atac, dove si entra solo con un badge accreditato – avrebbe dovuto garantire l’impossibilità della clonazione dei titoli di viaggio. Secondo gli inquirenti, l’inserimento dei biglietti usati nelle liste dei seriali da bloccare in realtà non sarebbe avvenuto.
Non finisce qui. I falsi non sarebbero stati smerciati attraverso circuiti illegali, ma distribuiti insieme a quelli originali. Nelle tabaccherie, nelle macchinette automatiche, nei punti vendita. Insomma, una sorta di falso d’autore, un imbroglio che qualcuno ha autorizzato, chiudendo gli occhi per più di un decennio. Per la Guardia di finanza – che ha lavorato a lungo sul caso dei biglietti falsi – la truffa non sarebbe altro se non «un sistema oliatissmo capace di creare una contabilità parallela». Con cifre che pesano come macigni sui numeri ufficiali dell’azienda. I ricavi in chiaro della vendita sono pari 249 milioni di euro, il 20% del valore totale della produzione dell’azienda. Poco, pochissimo, di fronte alla voragine dei conti dell’amministrazione comunale. Una constatazione che ha fatto esplodere la rabbia di Ignazio Marino, arrivato da sei mesi al Campidiglio: «Lo dico con molta chiarezza: se le parole pubblicate oggi sul quotidiano ’La Repubblica’ sono vere spero che se ci sono colpevoli, di qualsiasi partito e forza politica, vengano arrestati e buttata la chiave», ha dichiarato. La fonte che ha raccontato ai giornalisti la storia spiega con disarmante chiarezza il nocciolo della vicenda: «Atac è come la Banca d’Italia: ha la carta moneta, ci scrive sopra che cifra è, vende e rendiconta. Il tutto senza segregazione di responsabilità, cioè senza alcun controllo esterno».
Il sistema Atac andava avanti da 13 anni: «Tutto nasce intorno al 2000 con la gara vinta dalla società australiana Erg – ha raccontato il testimone a Repubblica – per la fornitura della tecnologia informatica per la bigliettazione». Poco dopo la delicata funzione viene internalizzata, ma utilizzando lo stesso personale della Erg. Solo nell’agosto del 2012 l’azienda prepara – attraverso alcuni ispettori – una «Relazione tecnico investigativa sui titoli di viaggio dell’Atac spa», poi consegnata alla procura di Roma: «Il settore dei titoli di viaggio Atac è vasto e complesso – si legge sul documento – (..)il sistema di bigliettazione elettronica dell’azienda è completamente indifeso». Un quadro per ora ha portato a tre avvisi di garanzia. Ma c’è chi dice che la bufera deve ancora arrivare.