Così vicini eppure così lontani dalla Svizzera (e dal Belgio, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Svezia ma anche e perfino dalla cattolicissima Irlanda), in Italia non solo il suicidio assistito e l’eutanasia sono rigorosamente tabù ma neppure una buona legge sul testamento biologico sembra ancora possibile.

«La proposta c’è, i nostri iscritti hanno votato e sono d’accordo, l’abbiamo calendarizzata ma non è questo il problema», spiega Luigi Di Maio, vicepresidente pentastellato della Camera. Che ammette: «Non esiste un Parlamento che lavora, c’è un Parlamento che galleggia». In questo caso però si potrebbe parlare di un vero e proprio surf, sulla pelle dei tanti malati costretti, come Dj Fabo, ad affrontare l’ultimo incredibile viaggio per poter mettere fine alla propria vita.

Oltre tredici anni dopo il primo documento del Comitato nazionale di bioetica che affrontava il tema «eticamente sensibile» delle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), e dopo otto anni dall’ultimo pdl raffazzonato dal centrodestra dell’era Berlusconi nel tentativo di fermare la morte di Eluana Englaro (venne approvato alla Camera ma non al Senato), finalmente ora Pd e M5S si sono accordati su un testo. Che giace però alla Camera, licenziato dalla commissione Affari sociali il 16 febbraio scorso, in attesa, tra un rinvio e l’altro, di essere discusso in Aula.

SI TRATTA DI UN DISEGNO di legge assai poco evoluto, se comparato alle normative sul fine vita degli altri Paesi europei, ma decisamente più avanzato di quello imbastito nel 2009. Di «dolce morte» e suicidio assistito però neppure a parlarne: la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dai Radicali e dall’Associazione Luca Coscioni – che prevede la possibilità di ricorrere all’eutanasia quando la richiesta «sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi» – è arrivata sì a Montecitorio, incardinata nelle commissioni congiunte Affari sociali e Giustizia, ma lì si è arenata l’anno scorso. D’altronde sono sei, le proposte di legge sul fine vita depositate in Parlamento.

I CINQUE ARTICOLI del testo che invece dovrebbe approdare a breve in Aula a Montecitorio prevedono che si possa depositare le proprie disposizioni di fine vita (Dat) «per atto pubblico o per scrittura privata, con sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale o da un medico dipendente del Ssn o convenzionato. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi. Con le medesime forme sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento». Le disposizioni sono sempre revocabili e, in caso di urgenza, «la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni».

LA NUTRIZIONE e l’idratazione artificiali sono finalmente annoverati come trattamenti sanitari e dunque rifiutabili, al contrario di quanto avveniva nel «ddl Calabrò», del 2009. Il cuore del provvedimento, dopo i primi due articoli che definiscono il consenso informato e normano la rappresentanza dei minori e delle persone incapaci di intendere e volere, sta nell’articolo 3. È su questo che si concentrano la maggior parte delle centinaia di emendamenti presentati dalle destre e dalla Lega: prevede che «ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali».

SUSSISTE ANCORA – vecchio chiodo fisso dei pro-life – la possibilità per il medico di non attenersi strettamente alle Dat: «Il medico – recita il testo dell’art.3 – è tenuto al rispetto delle Dat» e «in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale», ma le Dat «possono però essere disattese, in tutto o in parte, dal medico, in accordo con il fiduciario, qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita».