«Omar porta sempre con sé un po’ di Monaco. Da piccolo si è fatto raccontare mille volte com’è andato quell’attacco. Gli piaceva tanto l’idea che alcuni dei terroristi si fossero salvati e poi fossero stati accolti come eroi. Ma forse c’era qualcosa che gli piaceva anche di più: che tutti gli ostaggi fossero stati uccisi».

Omar è il capo di una cellula di Al Qaeda nell’Africa settentrionale e dalla Libia organizza attentati; ma è anche un faccendiere è un trafficante. Ahmed è un reclutatore, gran smanettone in rete e infatti addetto alla propaganda; vive a Raqqa, capitale dell’autoproclamato Stato islamico. Omar e Ahmed sono due personaggi inventati ma costruiti sulla base dello studio di un gran numero di biografie reali. Seguendo le loro storie, attraverso dialoghi, email e telefonate  Cecilia Tosi, giornalista di Limes, ha scritto Il terrorismo spiegato ai ragazzi (Imprimatur, pp.162, 15 euro), insieme un saggio e un racconto a due voci, quelle appunto di Omar e Ahmed, che si cimenta con il non facile compito di spiegare ai giovani che cosa sta succedendo nel mondo jihadista.

Una spiegazione che dobbiamo ai giovani, e che ormai diventata urgente perché, scrive l’autrice, se raccontassimo loro – come talvolta accade sui media –  i terroristi «come animali senza nessun raziocinio, non faremmo che alimentare le paure dei ragazzi e li indurremmo a credere che il mondo è governato da forze irrazionali che loro non possono capire». E se un fenomeno non ha una ragione, non ha neanche una soluzione.
Il libro è dunque pensato per un lettore giovane. Ma lo sforzo di chiarezza che l’autrice è utile esercizio per tutti. Tosi mette in sequenza ragionata i principali episodi di terrorismo degli ultimi 40 anni, quelli che poi sono diventati i «miti fondativi» degli jihadisti, da Monaco ‘72 all’11 settembre 2001, passando il «vecchio» conflitto israelo-palestinese, per la guerra in Afghanistan,  l’invasione dell’Iraq del 2003 fino a Bruxelles e Parigi.

Mentre procede il racconto, nelle pagine troviamo cartine e schede su questioni, organizzazioni, definizioni. Lo sforzo di mettere ordine in una vicenda complessa  costringe il lettore a tornare sui luoghi comuni dello «scontro di civiltà» e della «guerra di religione», concetti spesso rifiutati con eleganza ma poi maneggiati nel linguaggio quotidiano. Di fronte alle tragedie di questi tempi, spiega l’autrice, ai ragazzi dobbiamo dimostrare «che c’è un motivo per cui accadono queste cose orribili, che non c’è nessun Dio che pretende l’annientamento di chi non crede in lui e che i terroristi non sono mostri provenienti da un altro pianeta».

Risalire a quel «motivo», a quei motivi, imparare a distinguere fra la «vecchia» Al Qaeda e l’avanguardistico Isis, ma anche fra gli episodi drammatici che colpiscono le città europee e ben di più quelle mediorientali, calarsi nelle differenze religiose dell’Islam attraverso dialoghi di ragazzi è un lavoro tutt’altro che da ragazzi. Ma fondamentale per dar loro gli strumenti non solo per orientarsi, ma anche per praticare quel tipo di lotta al terrorismo jihadista che compete a tutti noi, e cioè la lotta al razzismo e al pregiudizio antislamico.