L’aggressione al commissariato centrale di Charleroi, città belga a 60 chilometri a sud di Bruxelles, conferma che le forze dell’ordine europee sono nel mirino del terrorismo fondamentalista di matrice, cosiddetta, islamista.

Il ferimento di due poliziotte da parte di un uomo armato di machete, un algerino di 33 anni, ha messo in allarme la polizia del Belgio (già nel mirino dopo la strage al settimanale francese Charlie Hebdo) e di tutto il continente europeo.

Un episodio che segue il macabro omicidio con arma da taglio (trasmesso dallo stesso assalitore in diretta Facebook) del vice comandante della polizia di Les Mureaux e della sua compagna nel giugno scorso alla periferia di Parigi. L’autore, un ragazzo di 25 anni con passaporto francese, avrebbe risposto all’appello lanciato dallo Stato Islamico a colpire la cosiddetta coalizione crociata.

L’episodio di Charleroi mette in allarme le polizie di mezza Europa, esse stesse obiettivo di possibili attacchi terroristici. La misure di sicurezza già presenti nel commissariato di Charleroi (dove un check-point era stato predisposto all’entrata del commissariato) non hanno però impedito l’attacco.

Secondo la ricostruzione della polizia belga, un uomo armato di machete si è introdotto nel pomeriggio di sabato nel commissariato centrale di Charleroi e avrebbe ferito gravemente una poliziotta, colpita al volto, e lievemente un’altra prima di essere freddato a colpi d’arma da fuoco da un altro poliziotto presente nel commissariato.

L’aggressore, deceduto durante il trasporto in ospedale, è un algerino di 33 anni presente sul territorio belga dal 2012 senza regolare permesso di soggiorno. Schedato per piccoli reati minori, senza legame con le filiere terroristiche jihadiste, si sarebbe radicalizzato rapidamente, secondo una formula oramai tristemente nota e segno della nuova strategia jihadista di fomentare un terrorismo «fai da te» compiuto da individui isolati.

Di «connotazione terroristica islamica» hanno parlato il primo ministro Charle Michel e il sindaco di Charleroi Paul Magnette, rientrati entrambi d’urgenza dalle vacanze per recarsi sul luogo della violenza. Il legame fra l’assalitore ed il terrorismo jihadista sarebbe confermato dal grido «Allah Akbar» pronunciato dall’aggressore durante l’assalto, poi confermato dalla rivendicazione dello Stato Islamico per mezzo dell’agenzia stampa Amaq, vicina al «califfato».

La volontà di colpire le forze dell’ordine era già nota dal gennaio 2015. Subito dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, la polizia belga aveva fatto irruzione in un covo di terroristi, nel comune di Verviers nella zona meridionale del Belgio, accusati di preparare un attentato terroristico contro un commissariato di polizia nella città di Bruxelles.

In quello stesso covo, sarebbe poi trapelata la notizia, sarebbe passato Abdelhamid Abaaoud, coordinatore delle stragi delle terrazze e allo Stade de France a Parigi lo scorso novembre e punto di contatto fra le cellule che hanno agito in Francia ed in Belgio e lo Stato Islamico.

Oggi la minaccia sembra venire piuttosto da individui solitari secondo uno schema d’attacco meno organizzato e più leggero, ma non per questo meno pericoloso, teso a fare perno sugli individui più fragili e vulnerabili alla retorica jihadista.