Ieri tre terroristi hanno attaccato il distretto di Gurdaspur, in Punjab, a una manciata di chilometri dal confine turbolento col Pakistan e lo stato del Jammu e Kashmir, dove incursioni di uomini armati provenienti dalla vicina Terra dei Puri non sono infrequenti. Tutt’altra storia per il Punjab, tra gli stati più ricchi e produttivi di tutta l’Unione indiana, dove da otto anni non si registravano attentati terroristici.

Anche per questo l’infiltrazione in territorio indiano di un commando di tre uomini, ancora senza nome o provenienza accertati, ha destato un allarme di portata nazionale, con misure di sicurezza innalzate immediatamente nei punti nevralgici dell’amministrazione federale indiana, comprese le residenze governative di New Delhi.

Nella mattinata di ieri, secondo quanto riportato dai media nazionali, tre uomini in mimetica militare e giubbotto antiproiettile hanno attaccato una dhaba – le tradizionali bettole che servono cibo economico sul ciglio della strada – poco fuori dalla cittadina di Dinanagar, centro di un distretto rurale non particolarmente prospero, sparando sulla folla e rubando una Maruti. A bordo dell’utilitaria hanno puntato sul centro abitato, sparando contro un autobus in movimento e assaltando la stazione di polizia della cittadina con armi automatiche e granate made in China. Le autorità li hanno descritti come «ben equipaggiati».

Intorno a mezzogiorno il commando si è poi barricato nella stazione di polizia, sparando indiscriminatamente contro agenti e detenuti e bersagliando di granate gli edifici circostanti. Il bilancio è di 10 morti – compresi i tre terroristi e quattro agenti di polizia – e un numero imprecisato di feriti.

Da mezzogiorno è cominciato l’assedio, con le forze speciali dell’esercito a supporto della polizia locale e il ministero delle comunicazioni che intimava ai canali all news di sospendere le dirette.

In un vero black out informativo, il ministro dell’interno Rajnath Singh si è messo a capo delle operazioni di sicurezza, in contatto col chief minister del Punjab, Parkash Singh Badal. Mentre sui social network l’opinione pubblica e i politici riversavano una vastissima gamma di accuse contro il governo locale, quello centrale e le agenzie di intelligence. L’indignazione è il prodotto dello sconcerto di fronte al fatto che tre uomini armati di tutto punto, probabilmente provenienti dal Pakistan, sono riusciti a seminare il panico in Punjab senza che nessuno – né l’esercito né i servizi segreti – se ne accorgesse.

Nel tardo pomeriggio, a dodici ore dall’inizio della sparatoria, le autorità hanno annunciato la fine dell’assedio: va tutto bene, il commando terrorista è stato annientato. Il governo ha così iniziato a magnificare i reparti speciali dell’esercito e della polizia del Punjab, sottolineando il valore dimostrato a difesa della sicurezza e dell’orgoglio nazionale e annunciando pioggie di medaglie al valore militare e civile, dai graduati del team swat al conducente dell’autobus che avrebbe salvato i passeggeri dal fuoco dei tre terroristi.

Ma è uno smacco enorme per un governo a trazione nazionalista che ha fatto della sicurezza e del duro confronto col Pakistan due temi cardine, colto di sorpresa da un’infiltrazione terroristica tutta da chiarire.