Si chiama Gbu-43, nota anche come «Moab» quella usata ieri dallo stato maggiore Usa su indicazione di Trump sull’Afghanistan. È la bomba convenzionale non nucleare più potente che, nella suo primo impiego – fu usata la prima volta nella guerra del Golfo del 1991 – era soprannominata «daisy cutter», tagliamargherite. Aveva «solo» 15 libbre di esplosivo, 7-8 tonnellate. Quella di ieri è una elaborazione che ci avvicina sempre di più al terrore atomico: ha infatti 11 mila tonnellate di esplosivo. Dicono che i militari americani e la presidenza Usa «hanno preso tutte le precauzioni per non colpire i civili». Viene da piangere, ma di rabbia. Perché questa bomba ha un impatto analogo a quello di una piccola bomba atomica però senza radiazioni, ma lo spostamneto d’aria che provoca inghiotte tutto in un vortice di morte per chilometri, risucchiando l’aria e con essa ogni forma di vita.

Non sappiamo come il Signore della guerra Donald Trump motiverà stavolta questo terrore di Stato.

Solo una settimana fa aveva lanciato 59 missili Tomawak sulla Siria, con duro avvertimento a Mosca, rompendo un equilibrio immaginario che lo voleva profittatore del «Russiagate», «amico di Putin» e «nemico della Nato». Facendo così ritornare all’improvviso l’America «first». Per punire – passando oltre l’Onu e la richiesta di una inchiesta indipendente – i presunti raid di Damasco al gas nervino presso Idlib, Motivando il bombardamento «umanitario» americano «in difesa dei bambini», ma provocando presso la base militare colpita altre morti civili. Poi non contento ha agitato le acque del Mar Giallo inviando la portaerei Vinson e una flotta, come esercitazione mirata alla deterrenza delle provocazioni missilistiche della Corea del Nord, come fosse una delle tante manovre che – prime responsabili della tensione – imperversano nella Corea del Sud, allo sbando, senza governo e presidenza e con la protesta pacifista in piazza nel timore di ritrovarsi in mezzo ad un conflitto nucleare, perché anche lì Trump annuncia che dislocherà il micidiale sistema antimissile Thaad.

In frantumi con il bombardamento americano in Siria sono andati il vertice negoziale di Ginevra e quello di Astana, attivati da Onu e Russia per una soluzione politica della crisi siriana. Stavolta la più grande bomba non atomica cade in Afghanistan il giorno stesso in cui si è aperto a Mosca il vertice di Russia, Cina e Iran per una soluzione politica della guerra afghana che dura – gli Usa l’hanno iniziata come vendetta per l’11 Settembre 2001 – da 16 anni. E dove i morti civili per gran parte dovuti ai raid della coalizione Nato della quale l’Italia fa parte, hanno provocato secondo l’Onu, solo nel 2016, più di 11mila vittime civili. Quale menzogna racconterà stavolta il Signore della guerra? E che altro dovrà succedere perché torni in piazza la potenza mondiale dei pacifisti?