Caratterizzata da intrecci apparentemente inestricabili e soluzioni registiche ardite, la filmografia di Christopher Nolan ha un filo conduttore: il tempo.
Escludendo poche eccezioni, il suo cinema è incentrato sulle diverse declinazioni – psicologiche, filosofiche e scientifiche – del concetto dello scorrere del tempo. Il regista ne appare quasi ossessionato. Un’ossessione, questa, condivisa nel corso dei millenni con santi, filosofi, mistici e soprattutto scienziati che hanno cercato di capire cosa questa grandezza fisica fondamentale possa svelarci sulla struttura dell’Universo e della nostra mente.
Non conosciamo il momento preciso – se c’è stato – in cui l’umanità ha concepito e percepito per la prima volta questo scorrere degli eventi.

Possiamo ipotizzare che sia stato osservando i mutamenti ciclici dell’ambiente, dal cielo alle stagioni. I primi tentativi a noi noti di tenerne traccia risalgono a 32 mila anni fa, incisi da mani sconosciute su ossa e pietre, e sono legati alle fasi lunari. Da quel momento il nostro rapporto col tempo si è fatto via via più sofisticato. Man mano che la civiltà si basava sempre più su questo perenne torrente in cui si succedono accadimenti, però, gli esseri umani hanno cominciato a interrogarsi sulla sua natura. Cos’è il tempo? Quanto c’è di reale nella nostra percezione di un flusso uniforme? Deve procedere sempre dal passato verso il futuro?

La conoscenza acquisita con lentezza e fatica, generazione dopo generazione, ci dice che nelle nostre convinzioni c’è molta meno verità di quanto siamo soliti pensare.

La scienza ci dice che è possibile scrivere quasi tutte le equazioni fondamentali della fisica senza indicare, ad esempio, un senso dello scorrere del fiume temporale. Con una eccezione, a dirla tutta: la seconda legge della termodinamica, secondo cui l’entropia di un sistema tende sempre ad aumentare. È questa l’unica equazione che conosce la differenza tra passato e futuro, o almeno così appare al nostro sguardo. Ma chissà che le cose non possano essere diverse, che l’ordine del tempo non possa essere scombussolato da entropie invertite e che il calore possa trasferirsi da corpi freddi a corpi caldi. Chissà che non possa esistere un Tenet, lì fuori nell’Universo.

Nella scienza, per definizione, non esistono certezze. E anche ciò che ci si avvicina, il più delle volte finisce con l’essere scardinato. Ecco dunque giungere un Einstein, con la sua Relatività, a dirci che la gravità rallenta il tempo. E che viaggiatori in punti distinti dell’Universo, che si muovono a velocità diverse, hanno presenti differenti. Come mostrato nel film Interstellar, la cui sceneggiatura è stata scritta con l’ausilio di chi la fisica la conosce tutto sommato bene: il Premio Nobel KipThorne. Man mano espandiamo i nostri orizzonti, scopriamo che il tempo non è come lo pensiamo. Non è né unico né assoluto. La distinzione fra presente, passato e futuro è fluttuante: un avvenimento può essere insieme prima e dopo un altro.

Tutte scoperte che, nonostante risalgano ormai a un secolo fa, continuano a turbarci perché completamente opposte alla nostra percezione. Una percezione probabilmente miope, ma che è talmente alla base della nostra evoluzione ed essenza che fatichiamo ad abbandonarla. E la fatica non sta solo nell’indagare fra le pieghe dello spaziotempo e i meandri della meccanica quantistica, ma anche nell’interpretare i dati e gli indizi che sembrano indicarci come, in fondo, il tempo possa non esistere proprio.

Un giorno, quando riusciremo a scendere in profondità, penetrando l’infinitamente piccolo e giungendo là dove materia ed energia si comportano in maniere che non riusciamo nemmeno a concepire, potremmo infatti trovare un mondo senza tempo, simile al limbo di Inception. Potremmo scoprire che il flusso temporale è solo una costruzione della nostra mente.

Per tutto questo, però, ci vorrà… tempo. Sempre ammesso che esista, ovviamente. Per il momento l’impetuoso torrente degli eventi e il suo scorrere continuano a nasconderci i loro segreti. Non per questo, però, l’indagine si ferma. Un astrofisico e un regista si ritroveranno per esempio a discutere di quanto ad oggi tutto ciò rappresenti una ingarbugliata matassa ancora lontana dall’essere sbrogliata. Ma anche di come, per quanto oscuri e apparentemente insondabili, questi concetti ci attraggano e affascinino fin dal primo momento, arrivando a permeare la nostra mente fin quasi all’ossessione.
Un po’ come, per molti di noi, le trame dei film di Nolan.

* Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico, dialoga con il regista Mauro Zingarelli nell’incontro «Il tempo di Nolan», domenica 3 ottobre alle ore 17 in Piazzale degli Alpini, Bergamo