Sappiate, voi che pontificate lo smart working e su quanto sia bello lavorare da casa, che non siamo mica scemi e che consociamo benissimo i risvolti freganti. La costrizione di questi giorni li sta mostrando soprattutto alle donne che devono lavorare il doppio, se non il triplo, di prima. Le peggio messe sono quelle con figli e parenti anziani che, prima del coronavirus, avevano affidato a baby sitter, collaboratrici domestiche, badanti (mai abbastanza benedette) le mansioni di cura mentre loro erano in ufficio.

Ora sta succedendo che molte di queste aiutanti sono rimaste a casa per precauzione o perché a loro volta devono accudire qualcuno in famiglia. Il risultato è che le neo coscritte dello smart working devono stare attaccate al computer tutto il giorno e contemporaneamente cucinare, pulire la casa, fare la lavatrice, la spesa, stirare, badare che i figli si connettano in tempo con gli insegnanti per le lezioni, intrattenerli se sono piccoli.

Una mi ha detto: «Quando leggo su certi giornali i consigli di lettura su come riempire le giornate mi viene voglia di fargli una pernacchia. Mi connetto con l’ufficio alle 8,30 e intanto devo dare retta a mia figlia di quattro anni, al figlio di dieci perché non c’è più la baby sitter e poi pensare a tutto il resto. Mio marito mi aiuta, ma deve uscire per andare al lavoro per cui non è mai in casa. Arrivata a sera avrei sì voglia di leggere un libro, ma sono così stremata che schianto sul letto».

Nei giorni scorsi uno psicologo che va molto in tivù ha consigliato alle donne di continuare a truccarsi, vestirsi, pettinarsi e indossare i tacchi come se dovessero uscire. Molte signore lo hanno preso a male parole non tanto per gli scontati suggerimenti, ma perché si è rivolto solo a loro, come se ai maschi fosse concesso di restare in mutande e un po’ puzzolenti. Infine c’è il gigantesco problema di chi ha case così piccole che per trovare Una stanza tutta per sé dovrebbe chiudersi nell’armadio.

Se dopo la fine dell’emergenza qualcuno tenterà di convincervi che, visto che siete state così brave con il telelavoro, si può continuare, rispondetegli pure: «Va bene, ma voglio l’indennità Virgina Woolf». Se non capisce, regalategli il libro.