L’entusiasmo si raffredda un po’, la convinzione di aver già portato a casa la nuova legge elettorale e soprattutto il suo corollario, le elezioni anticipate, scolorisce negli scenari renziani. Il maxi emendamento Fiano oltre ai difetti specifici ha quelli generici di tutti i testi scritti velocemente. E lo si vuole approvare di corsa, senza nemmeno il tempo per l’ufficio studi della camera di evidenziarne i punti da correggere. Ma non è questo che preoccupa gli sprinter del Pd, quanto invece le crepe nei nuovi alleati a 5 Stelle. La vecchia divisione tra ortodossi e realisti si riflette nella spaccatura dei gruppi parlamentari grillini. Per un capogruppo dei deputati (Fico) che evidenzia le «problematicità» del testo Fiano, e dice che «l’accordo non è scontato», c’è un capo negoziatore sulla legge elettorale (Toninelli) «fiero di dire che si tratta di un testo certamente costituzionale». Ma non è ancora «perfettamente tedesco» (lo è pochissimo) dunque «faremo emendamenti». Il Pd immaginava invece un testo blindato. Del resto, questa partita l’aveva iniziata con al fianco solo Berlusconi e da lui, al momento, non ha nulla da temere.

La verifica della tenuta della triplice alleanza, con la Lega di scorta, ci sarà nei primi voti in commissione. Slittati a domani pomeriggio (si lavorerà anche domenica) per rispettare la pausa festiva di oggi. Il testo arriverà in aula di conseguenza un giorno più tardi, martedì 6 giugno; non cambia però l’obiettivo di approvarlo entro la prossima settimana. I Cinque stelle ieri hanno lavorato alle proposte di modifica, che dovrebbero servire ad assorbire le perplessità dei più contrari – secondo la senatrice Taverna il simil tedesco è addirittura un «mega Porcellum». La correzione più ambita, la possibilità come in Germania di esprimere un doppio voto tra uninominale e proporzionale, anche disgiunto, è però anche la più difficile da ottenere. Per ragioni politiche – il Pd vuole costruire sopra il voto unico la campagna per il voto utile – ma anche tecniche, perché in Germania anche il voto disgiunto si regge sul presupposto che tutti i candidati vincitori nel collegio uninominale hanno la certezza dell’elezione. In Italia questa certezza non c’è, almeno a voler tenere ferme le proporzioni di partenza – metà seggi uninominali e metà plurinominali. Gli stessi democratici calcolano una ventina di possibili falsi vincitori, primi nei collegi eppure non eletti. Mentre l’avvocato Besostri, campione di ricorsi alla Consulta contro le leggi elettorali, ha avvertito i grillini che il voto unico non è né personale né diretto, dunque contro la Costituzione.

I grillini cercheranno allora di cambiare il sistema di attribuzione dei seggi a livello circoscrizionale, che al momento prevede la prevalenza del capolista nel proporzionale (salvo per quei collegi dove chi vince raccoglie oltre il 50% dei consensi) e alla fine recupera anche gli sconfitti nelle sfide uninominali, grazie al trucco di listini artificialmente corti. Lo faranno per mettersi nella scia delle polemiche contro i «nominati», nelle quali eccelle Mdp-Articolo 1, inizialmente meno ostile alla legge. E non perché siano particolarmente interessati a difendere la possibilità degli elettori di scegliere i candidati, notoriamente non un punto di forza del Movimento. Altri assalti alla legge riguarderanno aspetti minori ma importanti, come l’eterno privilegio che il Pd concede alla Svp con un sistema di voto diverso in Alto Adige (e Trentino), e l’abnorme numero di firme previste per la presentazione delle nuove liste – tanto più che una norma rimasta in piedi dell’Italicum salva ancora le formazioni nate per scissioni all’interno di questa legislatura (sul punto si rivolgeranno a Mattarella i radicali: «Raccogliere 150mila firme in così poco tempo e nei mesi estivi sarà impossibile»).

Un capitolo a parte riguarda il secondo emendamento Fiano, che si dedica a ridisegnare i collegi uninominali facendo a fette e accorpando quelli previsti dalla commissione Zuliani nel 1993. Il riferimento è quindi la popolazione italiana di 26 anni fa. Soluzione rimediata, diversa dal tradizionale incarico alla commissione di esperti, utile solo ad accorciare i tempi e consentire il voto in ottobre. Soluzione anche pericolosa, perché inserire i collegi nella legge elettorale consente ai parlamentari di emendarne la composizione, con complicati effetti a cascata (a patto, ovviamente, di ammettere emendamenti). Il relatore Fiano la giustifica come una semplice «norma di salvaguardia» che affianca la tradizionale delega al governo. Ma, guarda un po’, nel testo che lui stesso aveva presentato due settimane fa, il «Rosatellum», questa «salvaguardia» non c’era. Senza Forza Italia e M5S il voto anticipato appariva ancora un miraggio.