Benvenuti nella città museo dove i musei chiudono, teatri come il piccolo Eliseo vengono trasformati in bistrot e gli assessorati alla cultura sono vacanti. A due mesi dal primo, e ultimo, incontro con l’ex assessore alla cultura a Roma Flavia Barca, dimessasi poco dopo avere concluso una memoria di giunta sul teatro Valle che non è mai arrivata in Campidoglio, ieri gli attivisti del teatro occupato insieme a quelli dell’Angelo Mai, del Cinema Palazzo, del Rialto, hanno occupato l’assessorato in via Campitelli. Sotto lo striscione «vacanza culturale» un centinaio di loro hanno posato ironicamente, sfoggiando tenute da cocktail e grandi cappelli resi noti dal quasi omonimo film «vacanze romane». C’era anche chi ha indossato pinne, occhiali da piscina, maschere da sub, mostrando ombrelli parasole, secchielli e palette.

Una protesta usata per presentare il progetto estivo di autoproduzione, una «Contro-estate romana» del Valle che prevede due residenze per arti visive e performative, la produzione del laboratorio drammaturgico «Rabbia» curato dal regista Cristian Ceresoli e, a settembre, il debutto nazionale e internazionale de «Il Macello di Giobbe» di Fausto Paravidino. «È incredibile che Roma sia da più di un mese senza assessorato alla cultura – hanno spiegato gli attivisti – È laconferma dell’assenza delle politiche culturali e del degrado in cui versa il patrimonio culturale romano». Il Valle ha chiesto un incontro ufficiale al sindaco Marino che ha più volte evocato una soluzione, senza mai valutare ufficialmente la proposta sulla fondazione e l’autogoverno formulata insieme a giuristi come Stefano Rodotà.

 

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Nella confusione ipnotica in cui versa la giunta capitolina, «le politiche culturali le stanno facendo i nostri spazi» hanno detto gli attivisti. Dal sindaco, nessuna risposta. «Anche oggi – hanno ribadito gli attivisti – il sindaco non è stato in grado di dire una parola e di trovare un’occasione di confronto. Non è vacante solo l’assessorato alla cultura, ma anche il ruolo di sindaco in una città alla deriva». Gli occupanti continuano tuttavia a cercare nuove occasioni di mediazione. L’ultima è quella proposta dai giuristi che partecipano alla «Costituente dei beni comuni», tra gli altri Ugo Mattei, Maria Rosaria Marella, Giso Amendola, il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena. Ieri hanno proposto al comune un tavolo «per trovare una soluzione innovativa per il governo del teatro Valle, coerente con la sua natura di bene comune, indipendentemente dai dubbi che permangono sulla titolarità del bene».

L’azione è servita anche a rispondere alle critiche sulla «concorrenza sleale» a danno degli altri teatri. Con i suoi 45 mila spettatori nell’ultimo anno, e i 3 mila artisti che lo hanno attraversato, il Valle sta creando un modello dove «gli artisti vengono pagati subito. Altrove aspettano anche anni. Fuori le compagnie indipendenti che lavorano sul contemporaneo pagano per lavorare. Da noi, la metà degli incassi va a loro e il 5% in un fondo mutualistico per chi è all’inizio». Quanto agli 80 mila euro di bollette pagate dal comune: «Lo stato e il comune risparmiano e, anzi, guadagnano dal nostro lavoro. Nel 2011 il Valle costava 2,5 milioni all’anno, era in rosso di 1,9 milioni. Oggi si autosostiene, ha creato nuovo pubblico e ottenuto riconoscimenti internazionali. È un modello perfettibile, visto che parte da zero. È interesse di tutti valorizzare il progetto».

Ieri il Valle ha ricevuto il sostegno del movimento degli intermittenti francesi riuniti in assemblea al festival di Avignone. In una dichiarazione hanno assicurato «collaborazione e sostegno reciproco».