A Nanni Balestrini piaceva scompaginare l’ordine dato. Lo ha fatto anche con il teatro, naturalmente a modo suo. Seppure non abbia mai scritto testi per la scena, molte sue opere sono diventate materia composta, scomposta e ricomposta da lui con vari registi, perché lavorare con Nanni significava agire sul flusso del testo.

Da Sandokan in una performance di Peppe Servillo, a Le avventure della signorina Richmond con Valeria Magli che danzava su musiche di Demetrio Stratos, dalle opere poesia Elettra e Arianna con Ilaria Drago e musiche di Luigi Cinque, fino a Caosmogonia con Monica Palma, L’editore messo in scena da Lorenzo Loris all’Out off di Milano, il progetto La grande rivolta in cui Antonio Sixty ha unito Blackout, Vogliamo tutto e Gli invisibili, i testi di Balestrini hanno trasmesso un’energia contagiosa.

Uno dei registi che più ha collaborato con lui è Franco Brambilla.

«Il nostro incontro – racconta Brambilla – è durato vent’anni, da SS9 Ulisse on the road a La tempesta perfetta messa in scena due anni fa a Venezia. Lavorare con Nanni significava partire non da un testo scritto, ma da idee sulle quali facevamo lunghe chiacchierate e tracciavamo ipotesi. Poi Nanni interveniva durante le prove, e mai a tavolino, montando, riciclando, smontando. È in questo modo che abbiamo messo in scena Tristano in quattro versioni diverse e stavamo pensando alla quinta. Il suo lavoro era un work in progress a quattro mani sul corpo dell’attore».

Ecco, gli attori. Non è un caso se le compagnie che hanno recitato testi di Balestrini sono sempre state giovani. Brambilla, che è anche docente di regia alla scuola Paolo Grassi di Milano, dice che all’inizio delle prove: «Era un caos completo perché non ci sono codici fissi nei lavori di Nanni. Per dare ai ragazzi delle chiavi di interpretazione e di lettura sono sempre partito da un excursus sul Gruppo ’63, la politica, i personaggi. A quel punto nasceva un grande entusiasmo perché Nanni usava il linguaggio dei giovani e il montaggio, un elemento che loro sentono con acutezza. A Udine, quando abbiamo messo in scena I furiosi, dal testo scaturiva un’energia entusiasmante. Nanni lo sentiva e forse per questo una volta mi ha detto «Noi non moriremo mai».

Tuttavia, proprio negli ultimi mesi, prima di ammalarsi, durante una cena Balestrini affrontò il tema della morte. Disse all’amico che non avrebbe voluto nessuna celebrazione, ma andarsene in silenzio. Allora Brambilla gli citò i non funerali del celebre scenografo Josef Svoboda che si svolsero con un tristissimo omaggio alla bara in una stanza asettica prima della cremazione. Nanni lo ascoltò, fece una pausa e poi, con quel suo tipico modo sottile e un poco irridente, gli disse: «Forse ci ripenso».

Fra i progetti che non sono riusciti a concludere, uno ci sarebbe piaciuto in modo particolare vedere ed è un’Arianna che avrebbe dovuto andare in scena al teatro greco di Siracusa.

«Nanni – racconta Brambilla – aveva preparato nuovi testi, le istituzioni locali erano entusiaste e pronte ad accoglierci. Poi una mattina, aprendo il giornale, scoprimmo che erano stati tutti arrestati e non se ne fece più nulla. La cosa che più ci colpì di quei mesi di preparazione fu una cena organizzata in onore di Nanni. Per tutta la sera i nostri ospiti parlarono dei personaggi della mitologia greca come se fossero amici o vicini di casa, parte di loro. Quando uscimmo, Nanni mi guardò e mi disse: «Non sanno cosa gli potrà capitare».

Purtroppo non lo sapremo nemmeno noi. Saluto Nanni Balestrini con una frase contenuta in uno dei suoi quadri «Compagni, date un’arte nuova».