Via Santa Croce in Gerusalemme, Esquilino, Roma. Lì c’è un palazzone ex Inpdap, abbandonato da tempo e occupato da diversi anni. Ci vivono circa 450 persone, chi dice di 18 nazionalità, chi di 25. Quel che conta è che a fronte di 170mila case sfitte a Roma (lo dice uno degli occupanti) e a un’emergenza abitativa innegabile, queste persone hanno occupato, hanno lavorato per ristrutturare quel che si poteva, e si sono dati delle regole, in un crocevia dove molti latinos non sopportano bene gli africani, dove tutti parlano italiano, ma in modo singolare e talvolta non si intendono, dove il comitato, eletto, deve prendere decisioni scomode, perché i fancazzisti sono ovunque e la casa non fa eccezione. E un paio d’anni fa «qualcuno» aveva anche fatto togliere l’elettricità. Per fortuna ci ha pensato il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di sua santità, a ripristinare il tutto manualmente prima di telefonare al prefetto per informarlo e andarsene sul suo scooter.

LÌ È ANDATA Sabina Guzzanti che ha documentato in Spin Time – Che fatica la democrazia! tutte le convulsioni, il fascino e le contraddizioni di quel luogo (visto anche in Il legionario di Hleb Papou). Guzzanti dice che non aveva idea di dove sarebbe andata a parare, la sua grande fascinazione è per il lavoro di Cristina Zoniou che, grazie al teatro, riesce a far emergere situazioni che altrimenti sarebbero rimaste latenti. Sabina accetta di mettersi in scena come provocatrice per confrontarsi con gli occupanti. Così, tra bassorilievi del regime fascista, esperimenti di animazione en travesti anche forti, critiche al Messaggero di Caltagirone, improperi con accenti diversi, la regista celebra il teatro, senza trascurare altri aspetti in cui i conflitti non sono di facile soluzione.