Per assicurare la sopravvivenza ad un teatro lirico sinfonico non bastano solo i buoni propositi. A partire dalla natura stessa dell’ente che prevede l’obbligo della programmazione triennale. Il Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” di Catania rischia di chiudere nonostante un pedigree storico-artistico di altissimo livello e l’appoggio del mondo culturale, non solo locale, di cui gode. I video che testimoniano gli appelli degli artisti del mondo da Gregory Kunde a Cecilia Gasdia ed i comunicati letti da tutti i teatri Italiani da La Scala di Milano al Massimo di Palermo, virali su Facebook.
«Il Massimo di Catania deve rispettare l’obbligo della triennalità, cioè della programmazione spendibile in tre anni di seguito. I soldi in bilancio non bastano affatto per seguire questo adempimento, anche perché per il 2021 la Regione Siciliana ha pensato di destinare 0 euro – denuncia Loretta Nicolosi, artista del coro del glorioso e segretaria provinciale Slc Cgil Catania, che come tanti altri lavoratori dell’ente lirico intitolato al “cigno” catanese, da oltre cinque mesi non perde un solo confronto sindacale e comunque mai un solo giorno senza raccontare il grande pericolo che corre il “suo” Teatro. «Non ci sono più fondi disponibili e gli artisti non possono essere pagati anche a causa dei decreti ingiuntivi. Un vero disastro, una storia complessa come solo questa Italia che non ama abbastanza la cultura e la bellezza spesso sa essere ed alla quale la Regione Siciliana, per bocca del suo presidente Nello Musumeci, aveva prima risposto con rassicurazioni poi con un deludente nulla di fatto. A maggio hanno persino detto con proclami ufficiali, che il Teatro sarebbe stato salvo. La realtà ci dice ben altro».
Per adesso molti spettacoli previsti in cartellone sono stati rinviati e neppure la forte solidarietà espressa dai cittadini catanesi che fanno sentire la propria voce tramite gli striscioni appesi nelle facciate di case, scuole, uffici o i molteplici flash mob, sembrano avere il potere di cambiare l’atteggiamento del governo regionale.
«Eppure questa solidarietà è arrivata forte e non accenna a diminuire – sottolinea con orgoglio Loretta Nicolosi – i catanesi ci amano, amanti di lirica e sinfonica sentono come gravissima l’eventuale perdita del Teatro».
A rischio ci sono 205 posti di lavoro su 415 così suddivisi: 78 dell’orchestra, 54 del coro, 42 degli allestimenti scenici, 16 amministrativi, 10 tecnici e 4 maestri collaboratori.
Facendo i conti in tasca alle istituzioni servirebbero subito 2 milioni per coprire il fabbisogno di quest’anno, e quelli del 2021. «Invece – continua Loretta – abbiamo solo gli 8 milioni del 2020 ed è una somma che di fatto mette la parola fine al Bellini».
I lavoratori hanno dichiarato lo stato di agitazione e si dicono pronti a nuove azioni di protesta. Pensare che gli artisti aspettino che qualcosa cambi lasciando il teatro in stato di abbandono però sarebbe un errore. «Noi ci siamo, noi resistiamo e qui la gente lo sa, lo vede. Continueremo ogni sforzo per garantire al pubblico gli spettacoli in cartellone. Ma senza soldi tutto questo avrà presto fine».