Qualcosa sembra muoversi contro i tagli all’editoria. Il grido d’allarme delle testate già alle prese con gli effetti devastanti della legge di bilancio di quest’anno è stato finalmente ascoltato da qualcuno nel governo. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon – fortemente criticato su questo giornale per la gestione di Quota 100 – ha convocato un tavolo con i sindacati e con l’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti. «Il mio scopo è quello di affrontare la crisi dell’editoria sotto il punto di vista occupazionale e previdenziale – spiega Durigon – . Nei giornali medi e piccoli la situazione è molto grave: i posti di lavoro a rischio a causa del taglio del Fondo per il pluralismo sono 5 o 6 mila. Numeri molto grandi a cui si accompagna un impatto sui diritti dei lavoratori altrettanto forte, con più precarietà specie per i giornalisti più giovani. Ho raccolto le istanze della Federazione nazionale della stampa e degli attori in gioco. Ora andremo ad analizzarle ed elaborarle per poi discuterle con chi ha la delega in materia nel governo per trovare la soluzione adeguata», continua Durigon.
Il sottosegretario leghista si riferisce naturalmente a Vito Crimi, sottosegretario M5s alla presidenza del consiglio con delega all’Editoria – nonché commissario per il Terremoto e a capo del tavolo sulla declassificazione dei documenti sensibili – vero mentore del taglio al Fondo per il pluralismo che già da quest’anno ha tagliato del 20% il contributo superiore alla soglia di 500mila euro (una sorta di franchigia), che salirà al 50% l’anno prossimo e al 75% nel 2021 per arrivare all’azzeramento totale nel 2022.
Nel frattempo però lo stesso Crimi ha lanciato gli Stati generali dell’editoria per poi proporre una riforma organica del settore. «Il tavolo da me convocato e gli Stati generali sono cose diverse e parallele: lì si è fatto un discorso di sistema, affrontando tutti i temi; io mi sono limitato alla salvaguardia dell’occupazione e della previdenza», sottolinea Durigon. «Per questo penso che riusciremo a trovare una sintesi con Crimi», conclude.
Soddisfatta del nuovo tavolo al ministero del lavoro si dice la Fnsi. «Al contrario di quanto è stato fatto agli Stati generali, Durigon ha aperto un confronto serio sul tema del lavoro e della previdenza con tutte le parti sociali coinvolte», spiega il segretario Raffaele Lorusso. «Lo ha fatto senza pregiudizi e questa è la discriminate rispetto al comportamento di Crimi. Il taglio già in atto porterà alla chiusura di moltissimi giornali delle minoranze e non garantirà il pluralismo dell’informazione. Ciò che è inaccettabile negli Stati generali è il metodo: prima sono stati fatti i tagli e poi si è deciso di discutere. Per questo noi ribadiamo che non parteciperemo alla riunione finale di Torino (la data è già slittata a metà ottobre, ndr) e, anzi, terremo i “contro Stati generali” per denunciare tagli e bavagli causati dalla legge di bilancio», attacca Lorusso.
A Durigon invece la Fnsi ha chiesto «la cancellazione del taglio già in atto e di quelli futuri e, anzi, se possibile un finanziamento maggiore del Fondo per il pluralismo visto che l’Italia è al penultimo posto in Europa per risorse pubbliche all’editoria». Lo strumento immaginato dalla Fnsi – «sempre che il governo rimanga in carica» – è quello della legge di bilancio: «Lì l’anno scorso arrivò il colpo di mano del M5s; lì dovrà essere cancellato», spiega Lorusso.
Quanto alla situazione del fondo previdenziale dei giornalisti – l’Inpgi – anche qui le posizioni di M5s e Lega divergono completamente. «Crimi parla costantemente di commissariamento dell’ente ed anche questo è inaccettabile», sottolinea Lorusso. Durigon invece ha tentato in tutti i modi di inserire nel decreto Crescita una norma per allargare ai tutti gli operatori della comunicazione il versamento nelle casse dell’Inpgi, aumentando la quantità dei contributi come richiesto dalla presidente Marina Macelloni. Ma senza riuscirci.