Il disastro va arginato, tamponato, in qualche modo risanato. Da chi l’ha generato. Me è convinto il ministero, ne sono convinti i giudici. Il Tar (Tribunale amministrativo regionale) di Pescara ha, infatti, respinto il ricorso che il colosso Montedison aveva proposto contro l’ingiunzione-diffida del ministero dell’Ambiente che, il 13 settembre scorso, aveva ordinato all’azienda chimica di rimuovere i rifiuti tossici dalle tre aree in cui sono state seppellite, nel territorio di Bussi sul Tirino (Pescara), e di ripristinare la qualità dei luoghi. Megadiscariche di veleni situate in località Tre Monti, sul fiume Pescara, e a nord della zona industriale, appena sotto il paese, vicino alle sponde del Tirino. Scorie nocive inzeppate su ettari di fondi. O sversate direttamente nei corsi d’acqua, di cui la zona è ricchissima. Scorie che hanno contaminato anche le falde e che, così, sono finite, per decenni, «senza controllo», nelle case di circa 700 mila residenti della Val Pescara, in scuole ed ospedali .

Da queste parti sono state sepolte circa 250 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, percolati, cloruro di vinile, tricloroetilene e cloruro di ammonio. Così un piccolo comune d’Abruzzo, Bussi, si trova a fare i conti con una delle emergenze ambientali-sanitarie peggiori d’Europa. Il danno ambientale stimato è di circa 8 miliardi e mezzo mentre per la bonifica, da conteggi approssimativi effettuati, serviranno tra 600 e 800 milioni. Al momento ne sono disponibili 50, messi a disposizione dal governo, dato che Bussi è nell’elenco dei siti nazionali contaminati che stazionano, in languida attesa, nel piano di bonifica del ministero. Scempio per cui sono partite diverse inchieste: la prima è sfociata in un processo in Corte d’Assise a Chieti che vede alla sbarra 19 imputati, quasi tutti ex amministratori Montedison, accusati di avvelenamento delle acque e disastro colposo. Processo al momento fermo, dopo la ricusazione – ottenuta dai legali Montedison – del presidente Geremia Spiniello, per aver dichiarato: «Faremo giustizia per il territorio». Durante il processo è stata depositata una relazione dell’Istituto superiore di sanità (Ispra), in cui si rileva che immani quantitativi di «miscele di accertata tossicità», anche cancerogene, nel tempo, hanno sostato nelle reti e nei pozzi per l’approvvigionamento idrico «determinando così un pericolo reale e concreto per la popolazione».

Inammissibile e «comunque infondato»: con questi termini il Tar ha rigettato le istanze di Montedison. «Nei siti in esame – recita la sentenza, depositata il 30 aprile – sono state rinvenute sostanze altamente inquinanti… Esse costituiscono scarti e prodotti industriali tipici dell’attività ivi esercitata da Edison spa». Dice ancora il dispositivo: «I responsabili di detto inquinamento non possono che essere individuati in coloro che hanno gestito tali impianti nel periodo antecedente a quello in cui gli inquinamenti hanno iniziato ad essere rilevati. Considerata inoltre l’estensione e la profondità di tale inquinamento, nonché i suoi notevoli effetti già causati (dati compiutamente analizzati ed esposti nella relazione Ispra), appare evidente come si verta su un’attività di inquinamento protratta e risalente nel tempo». Il Tar stabilisce, in tal modo, che la Montedison è ancora di fatto la proprietaria dei rifiuti chimici nonostante la cessione alla Solvay dell’impianto produttivo. «Si tratta di una sentenza importante per le motivazioni – afferma Augusto De Sanctis, del Forum dell’Acqua in Abruzzo – perché conferma il legame tra produzione e discarica. E’ un primo passo verso la bonifica di quei posti che sarà lunga e complessa, ma almeno porterà lavoro». «Così – dichiara invece il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – si va verso il disinquinamento dell’area, presupposto inscindibile per il suo rilancio». «Viene ristabilito il principio che chi inquina, paga, che è sacro – evidenzia Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente della Camera –. Esso serve per quanto accaduto in passato ma anche per il futuro, per responsabilizzare istituzioni, imprese e cittadini».